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Come ti finanzio il Nord

Un caffè con Gennaro Zona : ” Come ti finanzio il Nord”


Di Fiore Marro


Caserta 13 dicembre 2020


“La popolazione del nord in due categorie: la parte che è al potere privato, e la parte restante, il potere sa benissimo come stanno le cose ma si preoccupa unicamente di salvaguardare la propria posizione evitando che l’altra parte della popolazione prenda coscienza della situazione in cui si trova il Mezzogiorno.”





Gennaro Zona originario di Benevento si laurea in Scienze Politiche, indirizzo Economico con una tesi di laurea che è tutto un programma per il suo futuro:” La politica economica per il Mezzogiorno d’Italia dal dopoguerra ad oggi”.


Ha iniziato il suo iter professionale negli organici della Ing. C. Olivetti & C. nel 1968. In seguito, sia nella Capogruppo che nelle Consociate, con incarichi di sempre maggiore responsabilità nella gestione di uomini e di risorse economiche. Nel settembre del 1987 lascia il gruppo Olivetti per entrare, come socio in una società di Informatica ed Organizzazione Aziendale, con funzioni di direttore commerciale. Nel 1989 diventa consigliere di amministrazione di un consorzio di aziende di ricerche industriali avanzate, attivo nel campo delle Biotecnologie e della Bioelettronica. Alla fine del 2010, dopo esserne stato presidente, lascia questa società .


Nonostante la sua vita lavorativa abbia riguardato un ambito tecnico scientifico, che lo ha condotto lontano dalla sue origini, il dott. Zona mai ha perso la sua Identità meridionalista, avendo sempre a cuore il Mezzogiorno e le sue vicissitudini. Nel 1993 aderisce al Partito Alleanza Meridionale, fondato dal compianto Lucio Barone.


Questo suo sentimento profondo verso il Sud lo ha portato, nel 1997, alla realizzazione del saggio:” Come ti finanzio il Nord”, edito dalla Edizioni Scientifiche Italiane.


Il saggio si è occupato nello specifico della Cassa per il Mezzogiorno e della verifica del mantenimento di quanto era stato programmato nel 1950. In seguito ho continuato a far parte di vari movimenti per il riscatto del Meridione nel tentativo di veder crescere la consapevolezza del perché il Sud è ancora una “colonia” interna del Nord Italia.


Ultimamente ha condotto una serie di incontri presso l’UNITRE di Opera , dove vive, sul tema concernente la storia economica del Mezzogiorno.


Personalmente ho avuto modo di conoscere Gennaro Zona, attraverso un convegno organizzato a Rho nel 2005 sulle problematiche meridionaliste, a cura di un combattente indomito del credo sudista, l’amico Pino De Gennaro che ama firmarsi “ Soldato semplice in Trincea al nord”.


D) Il nord comincia a comprendere il sentimento rinato per le Due Sicilie o continua a guardarci come degli extraterrestri ?


R) Inizierei a suddividere la popolazione del nord in due categorie: la parte che è al potere, sia in campo pubblico che privato, e la parte restante, molto vasta ed articolata. Chi gestisce il potere sa benissimo come stanno le cose ma si preoccupa unicamente di salvaguardare la propria posizione evitando accuratamente che l’altra parte della popolazione (quella più vasta) prenda coscienza della situazione in cui si trova il Mezzogiorno. E’ dal 1860 che la storia viene narrata in modo che la maggior parte della popolazione del nord consideri il Mezzogiorno una palla al piede ed un ostacolo alla crescita della Nazione. La situazione ad oggi è che la parte al potere ha capito benissimo che le cose possono sfuggirgli di mano, sa che il Mezzogiorno nonostante la zavorra che lo tiene inchiodato alla povertà materiale e morale sta finalmente prendendo coscienza di sé. Infatti sono continui gli attacchi tramite giornali di regime, televisioni e mezzi di informazione per tenere a bada le rivendicazioni del Meridione. La restante popolazione del nord può esser ancora suddivisa in due categorie: quelli istruiti, anche onesti intellettualmente, che pur ammettendo essere la situazione del Mezzogiorno di estrema criticità, pensano che in fin dei conti questa è causa dei meridionali stessi; e l’altra categoria composta da persone scarsamente o per nulla acculturate, sulle quali il potere ha giocato in modo vergognoso, che credono veramente che il nord abbia una palla al piede chiamata Sud; su quest’ultima parte della popolazione la Lega nord ha avuto buon gioco anche perché la sua “classe dirigente” è fatta della stessa pasta. Si veda Bossi il suo fondatore. Per concludere direi che mancando in Italia un senso di appartenenza nazionale, il nord non ci vede certo come extraterrestri ma come possibili competitori che è meglio tenere a bada il più a lungo possibile.


D)Nel libro “Come ti finanzio il Nord” affronti le problematiche NORD/SUD da quale punto di vista ?


R) Sono capitato al Nord perché mio padre era un funzionario dello Stato con un impiego che lo portava a frequenti trasferimenti. Sono arrivato a Torino all’età di quattordici anni ed appena entrato nella mia nuova classe mi sono sentito dare del terrone; una parola fino ad allora per me sconosciuta. Da quel giorno ho sempre difeso la mia meridionalità, anche se questa non era corroborata da conoscenze storiche certe. Quello che ho imparato a scuola, come tutti del resto, era la vulgata diffusa dalla Storia dei Vincitori. Arrivato all’Università ho scelto una tesi meridionalistica ed in tal modo ho iniziato a conoscere altri fatti, ho capito che c’era un’altra Storia da scoprire e la mia rabbia ha iniziato a non lasciarmi più tranquillo. Però il lavoro ed il fatto che comunque vivevo al Nord non mi permetteva di approfondire il tema di mio interesse. Finché leggendo quanto la “Stampa nazionale” scriveva su i nuovi meridionalisti irridendoli, ho capito che c’era un mondo in fermento. Da li sono iniziati i miei viaggi al Sud che mi hanno permesso di conoscere l’altra realtà, quella che veniva tenuta accuratamente nascosta. L’idea del saggio mi è venuta leggendo delle decine di migliaia di miliardi ingoiati dalla Cassa per il Mezzogiorno senza che questi ne traesse beneficio e da una inchiesta del mensile Mondo Economico che a trentacinque anni di distanza proponeva la stessa domanda fatta nel 1961: “Perché gli imprenditori non vanno al Sud?” Ho affrontato la cosa come un meridionale residente al Nord che vuole capire come mai il Mezzogiorno non riuscisse a sollevarsi dalla sua povertà nonostante l’enorme mole di aiuti forniti dallo Stato. Mano a mano che la scrittura del saggio si riempiva di Leggi ad hoc, di dati e di tabelle ho capito che mi allontanavo dal presupposto iniziale. Non ero più il meridionale stanziato al Nord che cercava di capire ma il Meridionale furibondo per quello che aveva scoperto. Ormai il saggio si stava indirizzando verso la denuncia di quanto avevo appurato. Il Mezzogiorno volutamente è tenuto in condizioni di sudditanza ed i motivi sono esclusivamente di potere economico. Tutto il resto sono orpelli per indorare la pillola. Appena avutane la stampa inviai il saggio a tutti i parlamentari meridionali di allora. L’unico a ringraziarmi (solo per averlo ricevuto ma senza alcun seguito) fu il parlamentare Isaia Sales.


D) Il tuo rapporto con il mondo borbonico è stata una esperienza efficace? Cosa ti ha soddisfatto, cosa è mancato ?


R) Nella mia ricerca di persone residenti al Sud che avessero a cuore come me le sorti del Mezzogiorno mi sono imbattuto nel Movimento Neoborbonico, che era appena nato, agli inizi degli anni ’90. Avevo letto di loro su un giornale del nord, che ovviamente li irrideva come cosa folcloristica e fuori tempo. Invece capii benissimo le motivazioni del movimento. Scrissi una lettera al presidente Gennaro de Crescenzo chiedendo se fosse loro interesse ricevermi, anche se risiedevo a Milano e gli spiegai brevemente le mie motivazioni. Ne furono contenti ed addirittura mi vennero a prendere in aeroporto per portarmi nella loro sede. Furono due giorni bellissimi e pieni di informazioni e notizie. Finalmente avevo incontrato persone innamorate del Sud con cognizione di causa. Gennaro de Crescenzo è stato ed è un amico, anche se ormai le mie occasioni di andare a Napoli si sono molto diradate. Grazie al movimento ho conosciuto persone che mi hanno dato la possibilità di approfondire la Storia del regno delle due Sicilie e del Sud postunitario. Tra gli altri ho conosciuto Lucio Barone, che purtroppo non è più tra noi, che aveva creato il Partito Alleanza meridionale, al quale ovviamente subito aderii. Sono stato anche delegato del Movimento neoborbonico a Milano ed ho avuto modo di organizzare in quella veste alcuni convegni ben riusciti. Del movimento mi è sempre piaciuto il calore e l’entusiasmo con cui si affrontavano proposte ed anche problemi, che non mancano davvero. Il primo convegno in cui ho parlato del mio saggio è stato organizzato dal Movimento Neoborbonico. Ciò che invece è mancata, secondo me, è stata la presenza di un movimento politico a cui agganciare l’esperienza neoborbonica, la cui attività è sempre stata sì di denuncia ma solamente con motivazioni storiche.


D) Il tuo rapporto con gli altri “combattenti Identitari” al Nord come prosegue, c’è collaborazione ?


R) Frequentando i convegni e le manifestazioni del Movimento Neoborbonico al Sud ho conosciuto tanti compagni di lotta che vivono Nord e che come me erano spinti dalla voglia di conoscere, con i quali ho iniziato un proficuo rapporto di collaborazione che va avanti ininterrottamente. Attualmente continuo a frequentarli perché in buona parte siamo confluiti nel Movimento 24 Agosto Equità Territoriale, che si batte per la soluzione dei problemi del Mezzogiorno. L’intento è quello di aiutare qualunque movimento abbia la possibilità di raggiungere l’obiettivo.


D) Tra Macroregione, Autonomia, Equità ed Indipendenza, quale rimane la tua posizione in merito ?


R) Mi sono sempre sentito ITALIANO, di una italianità profonda che ha radici molto indietro nel tempo storico della Nazione. Vorrei precisare che ho sempre fatto riferimento allo Stato Centrale, come unico responsabile della politica economica dell’Italia. Non essendo la nostra una nazione composta da unità federali è sempre allo Stato Centrale che ci si deve riferire. Anche nel caso di decentralizzazioni amministrative, lo Stato Centrale deve vigilare sul compimento delle opere e, laddove ci fossero delle inadempienze, deve intervenire. Se la parola Macroregione viene intesa in senso amministrativo, per semplificare procedure ed autorizzazioni ma in ambito nazionale, la cosa ha per me un senso. L’Autonomia invece interessa le regioni del Nord perché sono ricche e cercano in tal modo di non dividere la ricchezza con il Sud; infatti la chiamano autonomia “differenziata”. Se il Sud volesse l’Autonomia dovrebbe tenere presente che senza infrastrutture all’altezza, senza capacità industriale, senza una sanità decente, senza una finanza adeguata questo ha poco senso. Anche un “senzatetto” è autonomo però è senza casa, senza soldi e senza un lavoro. Indipendenza, per come la intendono alcuni amici meridionali esasperati, vuol dire staccarsi dal Nord, uscire dalla Comunità Europea oppure, e sarebbe peggio, restarci come l’ultima delle nazioni di cui la Comunità avrebbe poco o nullo interesse. Comunque non ci si dovrebbe dimenticare che al nord vivono circa quindici milioni di meridionali e queste persone diranno certamente la loro in caso di indipendenza. La parola che gradisco senz’altro è EQUITA’. Quella equità che in centosessanta anni è stata negata al Sud, considerato come una colonia interna da un potere politico senza il senso dello Stato che è giunto fino ai giorni nostri con le stesse squallide motivazioni del 1860. In questo aiutato dai politici ascari del Sud che si sono sempre venduti il Mezzogiorno per 30 denari. Credo che questo sia il momento giusto in cui la parola Equità (come è bella ed elegante questa parola) entrerà finalmente nelle coscienze degli Italiani.


D) Eri tra gli artefici della famosa rottamazione del Panettone a Natale a Napoli, che fu l’iniziativa più specifica, finora messa in atto, del Movimento Neoborbonico; ricordi quel momento?


R) Lo ricordo benissimo. Era una giornata di Sole ed il centro antico di Napoli aveva una luce particolare. Era in visita il principe Carlo di Borbone, che avrebbe fatto una passeggiata in centro città. Tutti i negozi di alimentari in genere erano pieni di dolciumi e tra questi emergeva per la sua mole il Panettone. Con una incursione nelle vie interessate riuscimmo a convincere i negozianti, che stavano aspettando il passaggio del Principe, a togliere tutti i panettoni dalle vetrine e ponendo al loro posto i nostri dolci tipici; motivando quel gesto come affetto verso chi seppure in altro modo dati i tempi, comunque era il rappresentante della Napoletanià. Lo fecero tutti.


D) Esiste una tua visione di cosa sono le Due Sicilie e di questo scenario prevedi una riscoperta ?


R) Il Regno delle Due Sicilie è per me una scoperta continua; la sua storia, nonostante sia stato cancellato come entità fisica, rimane ben presente nella vita di tutti i meridionali, anche di quelli che non ne sono coscienti. Un regno che è durato circa settecento anni non si cancella, soprattutto quello Delle due Sicilie ben presente in me , in te che me lo hai chiesto ed in tutti quelli che come noi amano il Sud. Gli incontri che sto avendo per raccontare la storia economica del mezzogiorno dal 1860 ad oggi vedono la partecipazione di molti settentrionali curiosi di conoscere gli avvenimenti accaduti in Italia dopo quella data. Le domande che mi fanno non sono quelle di settentrionali chiusi in un mondo culturale che finisce al Po. Sono domande di italiani desiderosi di capire la grandezza di un Regno, di cui è stato sempre raccontato molto poco e quel poco era negativo. Noto con piacere che oggi molto più di ieri, partecipo a diversi gruppi di conversazione, sono i meridionali che si stanno riappropriando in massa della loro storia e lo fanno con l’orgoglio dell’appartenenza, che prima non era presente.


D) Il tuo prossimo appuntamento identitario?


R) Sto aspettando, spero presto, di unirmi alla moltitudine di nostri conterranei che si rivolteranno finalmente all’ennesimo tentativo del Nord di sopraffare economicamente il Mezzogiorno cercando di non fargli rialzare la testa e rapinandolo di quanto gli spetta dei miliardi destinati all’Italia dalla Comunità Europea. Questa volta vinceremo.

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