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Attiva dal 1734 al 1860
Real Marina del Regno delle Due Sicilie, ovvero Armata di Mare di S.M. il Re del Regno delle Due Sicilie erano le terminologie ufficiali 

Quali risultanti dai documenti dell'epoca - della Marina militare del Regno delle Due Sicilie, che assieme all'esercito delle Due Sicilie costituiva le forze armate del regno.

Il termine "Regio", a volte utilizzato, verrà introdotto solo dopo l'annessione al Regno di Sardegna. È stata tra le più importanti marine militari italiane pre-unitarie e secondo alcuni ricercatori alcune tradizioni sarebbero state riportate nella formazione della nuova Regia Marina italiana dopo l'annessione delle Due Sicilie[1].

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La Marina nei regni di Napoli e di Sicilia

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Con Carlo di Borbone, dal 1735

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Sin dal 1735, la continua minaccia dei "barbareschi", come venivano denominati i popoli rivieraschi del Nordafrica, impose una politica marittima molto decisa al nuovo Sovrano, salito al trono l'anno precedente, che affidò al marchese di Salas, suo Ministro per la Guerra e Marina, il compito della costituzione di un'Armata di Mare.

Il 10 dicembre del 1735 veniva promulgato il "Regolamento (…) para el extablaciemiento (…) de su Exquadra de Galeras, Arsenal, Darsena…" di chiara derivazione spagnola, sin nella lingua utilizzata.

Venne costituita quindi una squadra di 4 galere (tre acquistate dallo Stato Pontificio) che formò il primo nucleo di una Marina che si svilupperà negli anni seguenti sino a raggiungere una dimensione di tutto riguardo sul finire del secolo, pienamente rispondente alle necessità del Regno, ovvero la protezione dei traffici marittimi, per lo stesso vitali, dai pirati barbareschi. Durante il primo decennio del regno di Carlo le forze navali napoletane comprendevano quindi un solo vascello, il S. Filippo-la Reale, la fregata S. Carlo-la Partenope, e le quattro galee S. Gennaro, Concezione, S. Antonio e Capitana, oltre a qualche legno minore[2].

Contestualmente veniva istituito il corpo della Fanteria di Marina, il primo in Italia concepito per operare a bordo delle navi da guerra insieme agli equipaggi; successivamente tra i suoi compiti ricadde anche la vigilanza alle basi navali[3].

Il Regolamento surrichiamato è importante anche perché segna l'origine dell'Accademia della Real Marina. Nel 1742, fronteggiandosi la Spagna e l'Austria durante la guerra di successione austriaca, una squadra della Royal Navy penetrata nel golfo di Napoli impose al re di ritirare le truppe inviate in sostegno degli spagnoli, minacciando in caso contrario di bombardare la città. In seguito a tale affronto il governo napoletano ebbe ulteriori motivi di occuparsi della Marina militare dando impulso anche alla costruzione di vascelli e fregate, oltre al naviglio sottile che avrà comunque sempre un notevole peso.

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Ferdinando IV di Borbone, re dal 1767

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Con l'ascesa al trono di Spagna di Carlo III, durante il periodo di minorità di Ferdinando IV, la Marina fu del tutto trascurata; ciò accadde perché il Ministro Bernardo Tanucci, che era restato in carica anche dopo la partenza di Carlo, non aveva mai condiviso appieno la politica navale del Sovrano.

Una decisa ripresa si ebbe grazie alla decisa volontà della Regina Maria Carolina, che volle a Napoli John Acton, ufficiale irlandese fino ad allora al servizio del Granduca di Toscana Leopoldo d'Asburgo, fratello della Regina.

Il tenente generale Acton, fu posto a capo del Ministero del Commercio e Marina nel 1779 e, da uomo esperto di cose militari e di mare e conoscitore degli uomini e dei tempi, fu l'organizzatore sapiente della nuova Marina e inaugurò il secondo periodo di forte crescita della Marina napoletana.

In primo luogo, riordinò su solo due Squadre la flotta: dei Vascelli e degli Sciabecchi. Acquistò vascelli e fregate, ma predispose anche un vasto programma di nuove costruzioni, ampliò il Collegio di Marina, inviò alcuni giovani guardiamarina con altri ufficiali a prestare temporaneo servizio su navi delle maggiori Marine militari europee. Fondò il famoso Cantiere navale di Castellammare di Stabia, istituì il Corpo di Fanteria di marina, denominato Reggimento Real Marina.

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La spesa totale per la marina ammontava a 653.000 ducati, aumentati l'anno seguente di altri 250.000, aumentando ancora fino alla somma di 1.023.000 ducati nel 1790. Con questi soldi si potenziò ulteriormente il programma delle costruzioni, ordinando la costruzione di un vascello da 74 cannoni, e di un gran numero di barche cannoniere fino a giungere a 140 in pochi anni.

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Questi anni di fervore costruttivo, non soltanto in campo navale, conobbero una brusca interruzione con l'invasione dello Stato da parte delle truppe francesi. Ferdinando IV sconfitto riparò in Sicilia. A Napoli occupata si formò la Repubblica Napoletana dall'effimera, tragica vita.

Seguirono per la Marina Napoletana le vicende del 1799, riassumibili in due episodi, entrambi dolorosi: l'incendio della metà della flotta che non aveva seguito il Sovrano in Sicilia e, successivamente, la condanna a morte del suo illustre ammiraglio Francesco Caracciolo.

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La marina Borbonica del tardo XVIII secolo seppe coniugare luci ed ombre. Sicuramente il programma navale di Lord Acton risultava razionale e ben strutturato: le navi di nuovo varo erano progettate da architetti navali ed ingegneri (come il francese Ibért), sostituendo i maestri d'ascia empirici (in genere genovesi), le navi erano standardizzate in classi moderne (pure di derivazione francese) e relativamente numerose per una potenza di secondo piano. Entro il 1799 i vascelli da 74 varati o in servizio erano ben 5 (forse le migliori navi da guerra esistenti in Italia in quel momento), mentre il San Gioacchino si avviava ad essere smantellato e sostituito da una nuova moderna unità. Diminuivano i legni a remi a favore di quelli a vela, anche in ambito costiero. Esistevano però anche notevoli punti deboli, le fonderie calabresi d'artiglieria non erano ancora in grado di supportare tutte le esigenze della flotta, che importava dalla Francia buona parte delle sue artiglierie, mancavano completamente le carronate, introdotte in Gran Bretagna a partire dal 1770. Soprattutto scarseggiavano gli uomini, non tanto gli ufficiali (anche se problemi derivavano anche dal corpo ufficiali, in parte anglofobo e "giacobino", contrario alla corte, in parte invece cortigiano, raccomandato e poco propenso alle lunghe navigazioni), quanto i marinai. Infatti la flotta reale era ancora, essenzialmente, stagionale, veniva mobilitata in buona parte ogni primavera per contrastare le operazioni dei corsari barbareschi o (soprattutto dopo il 1780) molestarne le basi, ma poi, in autunno ed inverno, le squadre erano sciolte e smobilitate, e i marinai professionisti (sottufficiali e cannonieri) che rimanevano in servizio erano pochi. Si creava quindi una sorta di strato sociale di marinai-precari, specializzati nella caccia ai corsari, ma poco preparati per la guerra vera e propria (anche se il blocco di Tolone e le operazioni in Liguria durante i primi anni '90 modificarono un po' questa situazione) e affezionati alle loro case, che non vollero lasciare disciplinatamente (disertando in massa) durante la crisi del 1799. Non solo ma, nel 1791, la flotta francese fu in grado di imporre, senza contrasto, il riconoscimento diplomatico del nuovo regime, visto che le difese del porto di Napoli erano poco migliorate rispetto al 1742, mentre la squadra era, in quel momento, a corto di uomini.

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Il reclutamento di marinai era troppo concentrato in Campania e in alcune (poche) zone della Sicilia settentrionale, senza né una sorta di leva/milizia costiera su modello francese seicentesco (che avrebbe coinvolto tutto il Regno), né delle press-gang su modello britannico (che avrebbero coinvolto tutti i porti), mentre gli ufficiali erano sempre anche gentiluomini di nascita, con una sostanziale differenziazione tra navigatori e combattenti, sull'anacronistico modello della marina spagnola (ma anche in questo caso l'Acton intendeva introdurre il modello britannico, meritocratico). Comunque la marina borbonica fu sempre sotto organico dal punto di vista del personale, molte navi erano decisamente "vuote" rispetto a quelle britanniche anche nell'Ottocento, quando la flotta assorbiva 6.000 uomini in permanenza, contro i poco più di 3.000 del 1790 (in buona parte fanti di marina), si tenga presente che solo i 5 vascelli in servizio in quegli anni avrebbero richiesto 3.500 marinai per prendere tutti contemporaneamente il mare, con la necessità di arruolare costantemente dei rimpiazzi per gli uomini morti di malattia, infortunio o in azione, e questo senza considerare i circa 2.000 uomini necessari per armare le 6 fregate da 40 cannoni ed il gran numero di uomini necessari per gli Sciabecchi.

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Il periodo napoleonico e Restaurazione, dal 1806

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Sotto Giuseppe Bonaparte, salito al trono di Napoli il 30 marzo 1806, la Marina venne organizzata alla francese. Un buon impulso fu dato dal Sovrano successivo, Gioacchino Murat con la costruzione delle seguenti navi[5]

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A questi andava aggiunto il vascello Archimede, da 74 cannoni e gemello del Capri, impostato ma non ultimato per le vicende belliche; verrà completato solo nel 1822 come Vesuvio[5]. Anche le infrastrutture vennero adeguate alle nuove esigenze; vennero costruiti tre scali a Castellammare in modo da poter costruire contemporaneamente tre unità, e creato uno scalo in muratura a Napoli. La collaborazione con i francesi era già stata instaurata fin dal 1765, e in virtù di ciò erano arrivati dei progetti di Jacques-Noël Sané[5], artefice di varie classi di vascelli della Marine Royale tra cui le ammiraglie a tre ponti Classe Commerce de Marseille, ma nell'era napoleonica vi fu un forte sviluppo che portò le metodologie della Marine impériale come modello per la marina napoletana; per esempio, nel 1811 venne creata la scuola di applicazione, che istituzionalizzava il ruolo degli ingegneri marittimi per la gestione delle strutture portuali[5].

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L'Armata di Mare del Regno delle Due Sicilie

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Nel 1815 rientrò a Napoli il Borbone, e nel dicembre 1816 nacque il Regno delle Due Sicilie e il re ebbe il titolo di Ferdinando I. Nel 1818 furono promulgate le Ordinanze generali della Real Marina relative a tutta la composizione e organizzazione della Marina: si tratta della prima regolamentazione fatta dal regno delle Due Sicilie in ambito marinaro, e che costituivano vari Corpi degli ufficiali, un Osservatorio Nautico, una Accademia di Marina e tre Compartimenti MarittimiNapoliPalermo e Messina. Nello stesso anno nasce anche il nuovo Regolamento di Marina[7][8].

Nel 1820 la Marina fu considerevolmente rafforzata, giungendo ad allineare tre divisioni con una settantina di navi da guerra di tutte le stazze, con netta prevalenza di legni leggeri.

Tra il 1827 e il 1828 entrarono in servizio la fregata Regina Isabella da 44 cannoni, la corvetta Cristina da 32 cannoni e i brigantini Principe Carlo e Francesco I.

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Sotto Ferdinando II delle Due Sicilie, re dal 1830

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Sotto il regno di Ferdinando II venne ultimata la scorridora Etna (1830), nel 1832 il brigantino Zeffiro da 18 cannoni, nel 1834 le fregate Partenope da 50 cannoni, e Urania da 46 pezzi. Nell'estate del 1840 era stato fondato l'opificio di Pietrarsa, sobborgo sul mare al confine tra i Comuni di Napoli e Portici. Inizialmente si trattava di una piccola officina con annessa fonderia, che doveva produrre manufatti in ferro ad uso navale e ferroviario. Grazie anche all'apporto di esperienze di tecnici inglesi, in pochi anni diventò sempre più importante: esso rappresentò il primo esempio dell'industria metalmeccanica di Stato. All'atto dell'Unità d'Italia era, nel suo genere, il maggiore stabilimento esistente sul suolo italiano. Nel 1842 alcuni ufficiali della Marina Sarda, tra cui il conte Carlo Pellion di Persano, furono inviati a studiare gli ordinamenti e i progressi della Marina Napoletana.

Nel 1843 una divisione (vascello Vesuvio, fregate Partenope, Amalia e Regina Isabella), agli ordini del Capitano di vascello barone Raffaele de Cosa, fu inviata nell'America meridionale quale scorta d'onore alla principessa Teresa Cristina di Borbone-Due Sicilie, sorella di Ferdinando II, passata a nozze con Don Pietro II di Braganzaimperatore del Brasile. Nel 1844 la fregata Urania effettuò una crociera d'istruzione da agosto 1844 al gennaio 1846, fino al Brasile e, risalendo, agli Stati Uniti, diventando così la prima nave da guerra di uno stato italiano a visitare gli Stati Uniti d'America[1]. Il tutto accuratamente descritto, come d'uso, dagli allievi. Molto interessanti le considerazioni sulla città di New York di cui viene previsto il grande sviluppo.

Sempre sotto il Regno di Ferdinando II, furono avviate le costruzioni di unità a vapore, costituito il Corpo del personale di pilotaggio, il Corpo dei Cannonieri e Marinai e istituita nello stabilimento di Pietrarsa una Scuola di ingegneri meccanici nonché la Scuola per macchinisti per fornire macchinari e macchinisti nazionali alle navi a vapore.

Tale decisione fu originata dalla crisi degli zolfi siciliani con la Gran Bretagna, crisi che sfiorò il conflitto: ma, il Re che faceva grande affidamento sulla presenza in squadra di navi a vapore (unica flotta nel Mediterraneo a disporne), scoprì che i macchinisti inglesi, con molta decisione, avevano precisato che non avrebbero condotto quelle navi contro i propri connazionali.

Poi è da ricordare la realizzazione del bacino di raddobbo, seconda struttura in muratura, in ordine di tempo dopo quella di Genova, ad essere realizzata nella penisola italiana per il carenaggio delle navi[9][10], che completava l'articolato insieme di strutture al servizio della marina napoletana. L'importante opera fu solennemente inaugurata dopo due anni di lavori, con una delle maggiori feste pubbliche dell'epoca borbonica, il 15 agosto 1852. L'evento è stato immortalato in due dipinti ad olio di Salvatore Fergola.

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Composizione

L'Armata di Mare era così composta:

  1. Reale Corpo de' cannonieri marinari, articolato in 16 compagnie attive da imbarco e due compagnie sedentarie;

  2. Reggimento "Real Marina" (con un organico di 2400 uomini) articolato in due battaglioni per sei compagnie (che faceva parte della Guardia Reale);

  3. Corpo di genio marittimo;

  4. Corpo telegrafico;

  5. Corpo sanitario;

  6. Corpo amministrativo con tre Dipartimenti (Napoli, Palermo e Messina).

Organo supremo dell'Armata di Mare era l'Ammiragliato, retto da un principe di Borbone fratello del Re, comandante generale dell'Armata di Mare con il grado di viceammiraglio, affiancato da un Consiglio di Ammiragliato.Presidente del primo Consiglio di Ammiragliato fu il viceammiraglio Generale Lucio di Palma Castiglione dei Marchesi di Pietramelara.

Nel 1848, durante la prima guerra d'indipendenza italiana, Ferdinando II inviò 5 fregate a vapore, 2 a vela, 1 brigantino e vari trasporti con 4.000 soldati, agli ordini di Guglielmo Pepe, allo scopo di liberare Venezia dagli austriaci; ma poi la rivoluzione del 15 maggio mandò tutto a monte, e il Re si ritirò dalla guerra.

Dopo le vicende del 1848 nell'Adriatico, la Marina napoletana visse un periodo apparentemente calmo durante il quale furono varate diverse unità che svolgeranno servizio anche nella Regia Marina unitaria: ricordiamo in particolare il vascello Monarca poi Re Galantuomo che con gli 86 pezzi su 3 ponti e 3.669 t. disl. risultò la più potente unità da guerra delle Marine preunitarie, singolarmente somigliante alla Nave Scuola Amerigo Vespucci che sarà costruita 80 anni più tardi nello stesso cantiere, nonché la pirofregata Ettore Fieramosca, la prima nave mossa da caldaia di produzione nazionale.

Minata dal forte dissenso politico verso il governo borbonico che interessò i suoi gradi più elevati, che avevano già stretto accordi con esponenti del regno sabaudo, mancò totalmente al momento dello sbarco garibaldino e nelle fasi successive[11].

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Cronistoria dell'operatività

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Dal 1740 al 1759 il naviglio sottile del citato "Capitan Peppe" condusse vaste operazioni contro i corsari barbareschi: con successo furono catturati numerosi sciabecchi turchitunisinitripolinialgerini. Gli equipaggi, di solito, venivano adibiti ai lavori forzati (buona parte delle maestranze che edificarono la Reggia di Caserta era appunto formata da prigionieri di guerra barbareschi). Tuttavia, il contrasto alla guerra di corsa non poteva mai essere interrotto, dato il continuo rinnovarsi dell'attività delle flottiglie saracene. Nel 17831784 e 1785 una squadra della Marina Napoletana partecipò con l'Armata Spagnola e quella portoghese a bombardamenti su Algeri.

Nel 1793 una squadra partecipò alla spedizione di Tolone in sostegno degli Inglesi, contribuendo in seguito al pattugliamento delle coste liguri e scontrandosi con le navi francesi al largo di Genova (Battaglia di Capo Noli). Durante il cosiddetto Decennio Francese in più di un'occasione le Marine di Sicilia e Napoli si trovarono contrapposte. Memorabili furono gli scontri sostenuti in quel periodo: il primo con quattordici barche cannoniere nelle acque di Castellone (Gaeta) il 4 luglio 1806 comandate dal Bausan, assalito da ventisei barche cannoniere nemiche appoggiate dalla fregata inglese Juno (32 cannoni) e della borbonica Minerva; poi il vittorioso combattimento nelle acque di Napoli fra il comandante Bausan medesimo, al comando della fregata Cerere, contro lo sloop-of-war inglese Cyane (18 cannoni), il 27 giugno 1809, con il plauso di re Murat e del popolo napoletano presente alle fasi dello scontro; i combattimenti delle fregate Cerere e Fama con altre navi di una divisione napoletana contro la squadra inglese nelle acque di Procida.

Negli anni che vanno sino al 1830, oltre la normale attività di pattugliamento e protezione dei traffici, si verificano operazioni contro i Barbareschi come un fallimentare tentativo di blocco di Tripoli nell'agosto 1828 sotto il comando di Sozi Carafa. La marina borbonica giunse davanti al porto africano con polveri da sparo in pessime condizioni, poiché risalivano al 1809 ed erano bagnate. Il risultato fu che il fuoco della artiglieria contro la flotta piratesca fu praticamente inefficace. Furono anzi i corsari a mettere in pericolo alcune unità della marina da guerra delle Due Sicilie, poiché un attacco delle vecchie galee tripoline rischiò d’affondare alcune cannoniere borboniche. Dopo alcuni giorni di combattimento, la flotta inviata da re Francesco I decise infine di ritirarsi senza aver ottenuto alcun risultato. Il fallimento della spedizione, provocato in buona misura dalla mancanza di polvere da sparo funzionante, condusse alla messa sotto processo degli ammiragli, che però furono assolti. Uno di loro, il Sozi Carafa, divenne anzi pochissimi anni dopo, durante il regno di re Ferdinando II, il “governatore del Regio Arsenale”.[12]

Nel 1833, vista l'incapacità della marina borbonica di contrastare l'attività berbera, fu stipulata una convenzione con il Regno di Sardegna per azioni congiunte contro i Barbareschi di Tunisi, poi intraprese dal 28 marzo al 10 maggio 1833. Stavolta le operazioni furono chiuse con esito positivo. Nel 1834 la fregata Regina Isabella effettuò un'azione dimostrativa sulle coste del Marocco per respingere le richieste di donativi del Sultano del Marocco.

Nel 1843 una divisione al comando del C.V. de Cosa (Vascello Vesuvio, fregate PartenopeAmaliaRegina Isabella scortò in Brasile la Principessa Teresa Cristina di Borbone che andava sposa a Dom Pedro II di Braganza, Imperatore del Brasile.

Nel 1848, una formazione al comando del Retroammiraglio de Cosa, alquanto consistente (2 fregate a vela e 5 pirofregate) si unì alla squadra sarda dell'Albini nelle acque triestine, ma mantenne un atteggiamento non aggressivo verso le navi austriache. L'evolversi della guerra, la ribellione in Sicilia e l'ambiguo atteggiamento di Carlo Alberto di Savoia indussero il Sovrano napoletano a richiamare la squadra.

Nel settembre 1848, durante la repressione della rivoluzione siciliana del 1848, fu protagonista di bombardamenti indiscriminanti sulla città di Messina che consentirono ai borbonici di riprendere la città; in questa occasione si ebbe il famoso bombardamento che valse il titolo di "Re Bomba" al Borbone.

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La Real Marina durante la spedizione dei Mille

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Dopo lo sbarco dei Mille nel maggio 1860, dove le unità della flotta borbonica fallirono il compito di pattuglia, lasciandosi sfuggire il Piemonte e il Lombardo, Giuseppe Garibaldi, costituito a Palermo il governo dittatoriale nominò un segretario della marina e creò la Marina dittatoriale siciliana.

Diversi ufficiali lasciarono le unità borboniche per arruolarsi nella Marina garibaldina, e anche alcune navi come la pirofregata a ruote “Veloce” si consegnarono. Il 7 luglio il Tukery (come era stato ribattezzato il Veloce) catturò due piccoli vapori del regno delle Due Sicilie, l'Elba e il Duca di Calabria[13][14].

L'unico scontro navale tenuto dalla Marina siciliana durante la Spedizione dei Mille contro la Marina borbonica fu a Castellammare di Stabia la notte tra il 13 ed il 14 agosto 1860. Il Tukery dopo essersi introdotto nel porto di Castellammare cercò di abbordare e catturare l'ammiraglia borbonica Monarca, ma i marinai borbonici riconobbero la nave aprendo il fuoco e la Tukery si ritirò[15].

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Fonte: wikipedia

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