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Ruggero I di Sicilia, conosciuto anche come il Gran Conte Ruggero o Pater di Ruggereo o Jarl Rogeirr (Hauteville-la Guichard1031 circa – Mileto22 giugno 1101), figlio di Tancredi d'Altavilla e fratello di Roberto il Guiscardo della dinastia degli Altavilla, Conte di Calabria, fu il conquistatore e il primo Conte di Sicilia (1062).

Ruggero (in francese Roger de Hauteville, in latino Rogerius de Altavilla) nasce in Normandia, probabilmente nel Villaggio di Hauteville-la-Guicharrd, come ultimo genito (legittimo) di Tancredi d'Hauteville, signore del villaggio omonimo e di Frisenda, sua seconda moglie, probabile figlia del primo Duca Normanno e Conte di RouenRiccardo I di Normandia, detto Riccardo senza paura.

L'ascesa dei Normanni

Ruggero potrebbe essere giunto in Italia meridionale molto probabilmente nel 1057 attraverso la "Via Francigena" per unirsi al fratello Roberto per il quale, alla morte del loro fratellastro Umfredo, si erano aperti spiragli di predominio.

I due furono insieme nella conquista dei territori di Puglia e Calabria non ancora sottomessi. Ruggero fu inizialmente vassallo del fratello Roberto, duca di Puglia e di Calabria, come conte di Calabria, e stabilì la propria corte a Mileto, in Calabria. Proprio a Mileto, nel Natale del 1061, sposò la normanna Giuditta d'Evreux, figlia del conte Guglielmo d'Évreux e di Hadvise Géré.

Ancora in Calabria i fratelli Roberto e Ruggero si lanciarono alla conquista di Reggio, caduta dopo un lungo e difficoltoso assedio, al quale seguì la presa di Scilla, una cittadella fortificata in cui avevano trovato rifugio le guarnigioni reggine. A questo punto la strada verso la Sicilia era ormai spianata. Dalle roccaforti della Calabria, infatti i due pianificarono la conquista della Sicilia, allora in mano ai musulmani.

La conquista della Sicilia

Roberto e Ruggero trovarono il pretesto per l'invasione nella richiesta d'aiuto da parte dell'emiro di Catania Ibn al-Thumna allora in lotta con suo cognato Ibn al-Ḥawwās emiro di Kerkent o Gergent. Così, nel febbraio del 1061, Ruggero sbarcò a Messina e da lì i Normanni avanzarono quasi indisturbati sino a Castrogiovanni (oggi Enna) e Kerkent (poi Girgenti ed oggi Agrigento), riuscendo ad occupare stabilmente la parte orientale dell'isola che maggiormente era rimasta legata alla cristianità.

Una discordia tra Ruggero e Roberto costrinse il primo a condursi in Puglia e ad abbandonare la Sicilia, ma dovette presto ritornare per difendere gli abitanti di Troina minacciati dai saraceni. Ruggero giunse con la contessa ben accolto da quei cittadini, in gran parte greci. Ma mentre era impegnato nell'assedio di Nicosia, quei Greci, sperando in un'agevole vittoria, provarono a sopraffare i pochi Normanni rimasti con la contessa. Il conte ritornò e trovò i ribelli ben fortificati nella parte di città di cui erano padroni: anzi, Ruggero si trovò assediato da ogni parte, poiché ai Greci si erano congiunti i Saraceni. Ma i cronisti narrano che i Saraceni, per resistere al freddo, facevano abuso di vino: così intirizziti e ubriachi, furono sorpresi dal conte Ruggero, che di notte li assaltò e occupò il campo nemico.

Nel 1063 Ruggero riportò un'altra celebre vittoria sopra i musulmani nelle vicinanze di Cerami. Il racconto fattone da Goffredo Malaterra sembra veramente esagerato; poiché egli afferma che Serlone, nipote del conte, con trentasei guerrieri fugò ben trentamila saraceni, ai quali poi Ruggero, che con altri cento suoi sopraggiunse, diede tale rotta, che ne uccise quindicimila. Forse i Normanni furono debitori di tanta vittoria a quelle schiere di cristiani che desideravano la vittoria dei Normanni sugli Arabi. Si disse, a battaglia finita, che San Michele Arcangelo, risplendente di luce, aveva galoppato innanzi ai cristiani per guidarli alla vittoria (ancora oggi si tramanda la tradizione con opulenti festeggiamenti, penultimo sabato di maggio, nella cittadina di Cerami).

Con l'aiuto di Roberto, messi insieme cinquecento cavalieri, Ruggero si recò ad assediare Palermo; ma, passati invano tre mesi, fu costretto a levare il campo. Ciononostante il suo dominio andava crescendo: giunto a Misilmeri con buon numero di guerrieri, vinse l'esercito saraceno, assai più numeroso del suo (1068).

Ma quando finalmente nell'anno 1070 coi soccorsi di Ruggero la città di Bari, ultimo baluardo dell'autorità bizantina in Italia, venne in potere del duca Roberto, allora le forze unite dei due fratelli si volsero alla conquista delle principali città di Sicilia. Roberto nominò così nel 1071 Ruggero Gran Conte di Sicilia e tenne per sé Messina e il Val Demone. Quell'anno i due principi normanni assediarono Palermo: il conte si pose a campo dalla parte di occidente, il duca da quella di oriente dove sorgeva la città nuova: la loro armata teneva chiuso l'ingresso al porto, ma i saraceni resistettero cinque mesi. Poi, con uno stratagemma, il Guiscardo riuscì ad aprire una delle porte al fratello, e i saraceni, dopo aver tutto il giorno valorosamente combattuto, la sera furono costretti a ritirarsi nella città vecchia, e il giorno seguente si arresero. I due fratelli occuparono Palermo il 10 gennaio 1072.

Ruggero quindi si dedicò alla definitiva conquista dell'isola: espugnò Taormina con molti castelli di Val DemoneCastronovoJatoCinisi e Trapani. Mancavano solo Siracusa, Girgenti, CastrogiovanniButera e Noto.

Alla morte del duca Roberto (1085), Ruggero passò in Puglia a ricomporre le contese nate tra i figli del Guiscardo, Ruggero e Boemondo; ne ebbe in ricompensa quella metà di Calabria che Roberto aveva mantenuto in suo possesso.

Tornato in Sicilia dovette domare la potenza di Benavert, signore di Siracusa e di Noto. Sul finire del maggio 1086 Ruggero e Giordano, suo figlio, si avvicinarono con l'esercito a Siracusa. Nel silenzio della notte si spinsero contro la flotta saracena. Ruggero dimostrò audacia e valore saltando nella galera di Benavert, il quale, preso dallo spavento, volle saltare nella vicina nave; ma, impedito dalla pesante armatura e dalla ferita, cadde in mare e vi affogò. La morte del capo sparse lo scompiglio fra i saraceni, che fuggirono spaventati. L'assedio di Siracusa durò sino al mese di ottobre: poi, i saraceni, costretti dalla fame, si arresero.

Alla caduta di Siracusa venne dietro nel seguente anno 1087 quella di Girgenti, di cui era signore Kamut, che aveva pure sotto il suo comando Castrogiovanni. Poi Butera fu assediata da Ruggero nell'aprile del 1089, quando gli venne annunziato l'arrivo in Troina del pontefice Urbano II. Affidato ai suoi l'assedio, il conte corse a Troina[1]. Ruggero usò verso il Sommo pontefice i segni del più profondo rispetto; lo ricolmò di preziosi doni; poi tornò all'assedio di Butera, che gli si arrese (1090).

Recatosi in Mileto per celebrarvi le nozze con Adelaide di Monferrato, ricevette alcuni ambasciatori saraceni di Noto che gli chiedevano la pace. Così dopo trent'anni Ruggero poté dirsi padrone di tutta quanta l'isola (1091).

Le ultime vicende

Ruggero volle poi anche dedicarsi alla conquista dell'isola di Malta, da dove i Saraceni avrebbero potuto con le loro incursioni preoccupare i Normanni. Ruggero partì nel luglio 1091. Giunto, immediatamente ingaggiò battaglia e cinse d'assedio la città. I Saraceni e il loro capo chiesero la pace e l'ottennero a condizione di mettere in libertà tutti gli schiavi cristiani; di pagare una grossa somma di denaro e in avvenire un tributo annuo; di far giuramento che avrebbero aiutato il conte quando e come lo avesse richiesto. In quello stesso periodo, il Conte conobbe, per puro caso, nelle montagne delle attuali Serre Calabresi, nei pressi dell'attuale Serra San Bruno, il monaco certosino Bruno di Colonia, fondatore del suddetto ordine monastico. Il conte concesse a Brunone il terreno necessario a costruire un eremo (l'attuale Certosa di Serra San Bruno) per contemplare in preghiera e nel silenzio del suddetto eremo.In una notte, Brunone, apparve in sogno al Conte, svelando una congiura contro di lui da parte di uno dei suoi sudditi. Da quel momento in poi, Ruggero divenne grande amico di Bruno.

Dopo la spedizione di Malta, il conte fu invitato dal duca di Puglia suo nipote a prestargli soccorso per sottomettere gli abitanti di Cosenza, che si erano ribellati. Ruggero domò l'insurrezione e il duca diede ai cosentini il perdono della ribellione, allo zio per gratitudine la metà della città di Palermo che il guiscardo aveva tenuto per sé.

Il conte Ruggero all'età di settant'anni, nel luglio del 1101 morì a Mileto assistito da Bruno di Colonia. Venne sepolto nell'abbazia della SS. Trinità di Mileto, da lui eretta sin dalle fondamenta e magnificamente dotata.

La politica

Ruggero si circondò di fedeli cavalieri normanni, come Giosberto de LuciRoberto Borrello, il fratello Guglielmo d'Altavilla, Rogerio de Stilo[2], ma anche di collaboratori greci come Nicola di Mesa e Giovanni di Troina[3].

Ruggero oltre che abile condottiero, fu infatti anche un fine diplomatico; appoggiò il papato e così riuscì a farsi nominare Gran Conte di Sicilia. Inoltre, riuscì a gettare le basi per un'organizzazione dello stato meno basata sui signori feudatari, ma su di una classe di burocrati formati da funzionari pubblici non legati all'aristocrazia e dove comunque la sua figura era quella che deteneva il potere assoluto.

Come sovrano cattolico fu fondatore di una serie di splendide cattedrali in Sicilia: a Troina, a Mazara del Vallo, a Paternò, a Modica, a Catania e a Messina fra tutte. A lui inoltre si devono le fondazioni dell'abbazia della SS. Trinità di Mileto (1081) e dell'abbazia nullius Santa Maria V.G. e i XII Apostoli di Bagnara Calabra (1085).

Inoltre, durante il suo governo ebbe inizio l'attuazione di una seria politica di ripopolamento in ampie zone dell'isola, complice il matrimonio con l'aleramica Adelasia del Vasto, con un copioso afflusso di genti provenienti dal Piemonte, allora chiamato Langobardia, soprattutto dal Monferrato, e in misura minore con genti di origine franco-provenzale, bretone, normanna e inglese[4]. Le popolazioni della parte settentrionale e centrale della Sicilia, dette Lombardi, che oggi parlano il cosiddetto idioma gallo-italico della Sicilia, fra cui San Piero PattiSan FratelloNovara di SiciliaRandazzoAidonePiazza ArmerinaCaltagironeNicosia, tanto simile alla lingua piemontese e così diverso rispetto al siciliano, discendono da questi flussi migratori dall'Italia settentrionale e dalla Francia iniziati in epoca normanna[5]. Ulteriori migrazioni furono provocate dalle repressioni attuate da Guglielmo il Malo contro queste città ribelli e dal loro ripopolamento con genti provenienti sempre dalla Langobardia.

L'Apostolica Legazia di Sicilia

All'epoca della conquista normanna, la maggior parte degli abitanti della Sicilia erano di religione musulmana o cristiano-bizantina, e inizialmente la politica degli Altavilla in Sicilia fu prevalentemente orientata a sostenere la tradizione greco-basiliana. Ruggero I infatti per garantire l'unità del suo stato affidò alla chiesa bizantina il compito di rafforzare e sostenere nelle periferie il potere della dinastia: il rito bizantino infatti prevedeva la possibilità della subordinazione degli istituti ecclesiastici al sovrano, purché cristiano.

Nel 1098 papa Urbano II, per garantire la sopravvivenza di quelle comunità siciliane dove funzionari e clero, fedeli al patriarcato di Roma, così come la popolazione ivi insediata, seguivano il rito latino, in linea con la politica bizantina di Ruggero, concesse l'amministrazione delle diocesi filo-romane al conte normanno, nominandolo in una bolla legato pontificio e conferendogli l'ereditarietà di tale titolo[6]. Tale istituzione, detta Legazia di Sicilia, tendeva a tutelare il patrimonium ecclesiae siciliano e l'unità delle chiese cattoliche fedeli alla diocesi di Roma e non subordinate al Patriarca di Costantinopoli. Per la prima volta la chiesa di Roma concedeva ad un sovrano laico molti privilegi amministrativi, fra i quali la possibilità di gestire le cariche episcopali, il patrimonio finanziario delle diocesi e l'istituzione di metropolie[7]. Da allora le arcidiocesi della chiesa romana, in Sicilia, non si ponevano come soggetto giuridico indipendente, come nel resto d'Italia, ma, allineate con la politica bizantina, erano subordinate al potere laico degli Altavilla accentrato in Palermo[8].

Fonte: wikipedia

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