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Nel 1847
Primo telegrafo elettrico dell’Italia preunitaria
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Il Regno delle due Sicilie era dotato di un’efficiente rete di comunicazione : il primo telegrafo elettrico dell’Italia preunitaria.

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Le prime applicazioni di telegrafia elettrica, nell’Italia non ancora unita, sono state fatte a Napoli. Già nel 1807 L’Osservatorio vesuviano, inaugurato nel 1847, era collegato con Napoli mediante una linea telegrafica. La complessità di queste opere presuppone la presenza di scuole di alto livello, di valenti tecnici, di grandi industrie e di una sana economia e finanza. Cosa che, negli altri Stati preunitari, evidentemente non esistevano, o almeno non in tale misura.

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La prima linea telegrafica elettrica al mondo è un successo che appartiene al Regno delle Due Sicilie e fu inaugurata ufficialmente il 31 luglio 1852 in pompa magna, per celebrare la nascita di Maria Teresa d’Austria, allorchè Ferdinando II inaugurò a Gaeta la prima stazione della linea telegrafica elettrica, che sarà diretta dal colonnello don Alessandro Nunziante (duca di Mignano) al comando di numerosi ufficiali, ispettori e segnalatori. Collegava Napoli, Caserta, Capua e Gaeta.

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Dopo alcuni esperimenti con linee sotterranee rivestite di guttaperca fu impiantata la tratta aerea NapoliCancelloMaddaloniNolaCasertaS. MariaCapuaGaeta poi prolungata a Terracina a Nord, e a Sud fino in Puglia, Calabria e Sicilia. Il primo apparecchio telegrafico entrato in funzione si trovava nella Reggia di Napoli; era stato costruito nell’Officina Generale che aveva sede nel gran portone di Palazzo San Giacomo, la sede dei Ministeri.

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Fu adottato il sistema Henley che, a parte l’utilizzo dello stesso alfabeto, per il resto era completamente differente dal sistema Morse: senza “zona”, cioè fugace, a lettura ottica o acustica; funzionava con la macchina ad induzione di Clarke; probabilmente la manipolazione, che avveniva su una grossa pedaliera era stancante; e doveva essere anche problematica la ricerca di guasti nelle linee. Un esemplare del telegrafo di Henley (di circa 60 x 60 cm, con una massiccia calamita a fascio) è conservato al Museo Storico delle Poste del Ministero delle Comunicazioni.

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Gli altri apparecchi si trovavano nelle stazioni ferroviarie di Napoli, di Caserta, di Cancello, di Maddaloni, nella Reggia casertana. In seguito altri telegrafi furono messi in servizio nelle stazione ferroviarie di Capua, Nola, Torre Orlando, Terracina, Avellino, Ariano Irpino, Nola, Sarno, Nocera, Salerno e nel quartiere militare capuano. Nel 1854 il servizio venne impiantato anche a Lecce, a L’Aquila e Pescara. Con decreto regio del 9 ottobre 1854 il servizio dei telegrafici elettrici passò alle dipendenze del Ministero delle Finanze.

Nel 1855 il servizio telegrafico arrivò a Potenza e a Reggio Calabria. Nel marzo del 1855 Napoli fu collegata attraverso una linea telegrafica con Roma, Parigi e Londra. Nel 1856 fu inaugurata la prima linea telegrafica sottomarina che da Reggio arrivava a Messina e dopo un anno a Trapani.

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“Nel 1857 le ultime isole ad essere collegate alla rete telegrafica del Regno delle Due Sicilie furono Ponza e Ventotene e ciò avvenne con un cavo subacqueo lungo 30 miglia marine, che è quasi il doppio della distanza che divide la Francia dall’Inghilterra. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una vera e propria impresa per quel tempo e sicuramente un altro primato se si considera la grande profondità del tratto di mare attraversato“.

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Nel 1858 veniva inaugurato il telegrafo sottomarino tra Reggio e Messina, un cavo posato sullo stretto di Messina al fine di congiungere la Sicilia alla Calabria, ma dopo nove mesi si era interrotto, per le correnti dello stretto e le difficili condizioni del fondale. Poi ancora altre linee con cavi marini collegarono le Due Sicilie a Malta. Il servizio telegrafico nel 1858 fu integrato dai francobolli delle Poste nazionali delle Due Sicilie.

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Nel 1859 venne posato un altro cavo importante nell’Adriatico che collegava Otranto con Valona nel territorio ottomano dell’Albania, che rappresentava un tratto dell’itinerario telegrafico verso l’Oriente e da lì partiva la linea aerea per Costantinopoli e Vienna.

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Il prezzario non era molto alto:
25 parole per la distanza di 40 miglia costavano 60 grani
(1 miglio borbonico equivaleva a 1480 m circa);
fino a 100 parole il costo era di 1 ducato e 80 grani.
180 parole, 3 ducati e 60 grani,
200 parole, 7 ducati e 20 grani,
400 parole, 9 ducati e 20 grani.

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- Nel 1859 i Borbone progettarono il 1° telegrafo sottomarino dell’Europa continentale che avrebbe collegato Otranto con Valona:

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Nel maggio del 1860 i Borbone provarono a congiungersi telegraficamente attraverso l’Adriatico con un filo elettrico sottomarino da Otranto a Vallona. Dopo otto secoli, il Regno delle Due Sicilie lasciò in eredità al nuovo governo ben 86 stazioni telegrafiche e 2.874 Km di linee. Questa rete di telecomunicazioni era all’avanguardia e permetteva la comunicazione in tempo reale con l’intero Regno.

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Come apprendiamo da La Civiltà Cattolica (Serie IV, vol. VI, pag. 610) “Una legge del 15 Febbraio ultimo ordina l’esecuzione del trattato soscritto a Costantinopoli il 19 Aprile 1859 e ratificato colà stesso il 14 Gennaio di quest’anno, per la congiunzione delle linee telegrafiche dei due Stati, mercé lo stabilimento di un filo elettrico sottomarino da Otranto a traverso l’Adriatico a Vallona, da cui il Sultano s’impegna a stabilire una linea telegrafica fino a Costantinopoli ed a Scutari d’Albania e Cattaro, dove si uniscono le linee telegrafiche dell’Austria; con una terza linea da Costantinopoli stessa alla frontiera di Russia presso Ismail. Intanto in Aquila, Colonnella ed Isernia sono state inaugurate con gran pompa nuove stazioni del telegrafo elettrico“.

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Traduzione a cura di Giovanni Greco

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Già nel 1855 il governo borbonico aveva acquistato a Londra un cavo sottomarino, ma questo rimase nel magazzino dell’Arsenale di Napoli in attesa del suo uso redditizio. Questo cavo aveva tre conduttori, lunghi circa 4 miglia, del peso di circa 9 tonnellate per miglio, acquistati da Glass, Elliot and Company. Questi costruttori, tra il 1854 e il 1862, avevano costruito circa 25 cavi sottomarini, molti dei quali nel Mediterraneo, come ad esempio tra l’Italia e la Corsica, tra Malta e Sicilia e tra Otranto e Corfù
(Rivista Contemporanea, 1863: p. 128).

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Il 1857 segnò l’inizio della prima guerra d’Indipendenza dell’India e di una serie di rivolte in India contro la British East India Company. Questi eventi avevano costretto l’Inghilterra a individuare un rapido ed efficiente mezzo di comunicazione, per entrare in contatto con la loro principale colonia asiatica. Il telegrafo era il modo più efficace per rilasciare ordini a distanza; e per raggiungere il Golfo Persico, gli inglesi dovevano necessariamente attraversare il Mediterraneo, poiché le terre dell’Impero Ottomano erano considerate politicamente inaffidabili. Pertanto dovevano identificare il percorso più breve per raggiungere Malta, e quindi progettare un cavo che, attraverso Alessandria d’Egitto e Suez, raggiungesse il Mar Rosso e infine Aden, Karachi e Bombay.

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All’inizio del 1858, lo sviluppo del sistema telegrafico in Sicilia collegò la Calabria con la Sicilia attraverso un cavo sottomarino. Furono collocati due cavi lungo il canale Siciliano che durò fino al 1860. Intorno alla seconda metà del 1858, la Real Casa dei Borbone progettò un secondo accesso verso Oriente, più breve ed economico, grazie al tratto telegrafico che dalla stazione di Ariano (situato ad est di Napoli), si dirigeva verso la Puglia. La rete telegrafica pugliese collegava Foggia a Barletta e poi proseguva lungo la costa adriatica in direzione di Bari, Brindisi e Lecce fino a raggiungere la stazione di Otranto, il punto più orientale dell’Italia e, in linea di principio, la stazione di telegrafo più vicina alle coste turche, in particolare all’antica città di Avlona (o Valona) in Albania. Questa vicinanza incoraggiò il governo napoletano a negoziare con gli Ottomani per la costruzione di un telegrafo sottomarino che univa Otranto a Valona e che potesse continuare, secondo accordi specifici, nel territorio ottomano lungo due percorsi principali: a nord verso Cattaro, stazione per le linee telegrafiche austriache; ad est in direzione di Costantinopoli.

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La linea postale da e per Napoli doveva attraversare lo Stato pontificio; e rappresentava una pesante oppressione fiscale. Il governo borbonico propose al governo toscano di collegare i rispettivi sistemi telegrafici attraverso un cavo sottomarino; allo stesso tempo, erano entrati in contatto con il governo ottomano per aprire una connessione telegrafica sottomarina lungo lo stretto di Otranto.

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Alla fine del 1859, i Borbone e i Turchi Ottomani iniziarono un collegamento attraverso un cavo sottomarino lungo il canale di Otranto nel Mar Adriatico; il governo ottomano si impegnò a costruire tre grandi linee terrestri telegrafiche, di cui una rivolta verso le Indie. Inoltre il Regno delle due Sicilie, grazie ad un accordo politico con l’Impero Ottomano, aprì anche un nuovo flusso di posta verso est, verso le Indie, lungo un percorso breve e terrestre.

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Il trattato fu sottoscritto a Costantinopoli il 19 aprile 1859 e giunta alla legge (Collezione delle leggi, 1860: pp. 48-63) nel Regno delle Due Sicilie il 15 febbraio 1860 da Francesco II. In base a quest’accordo l’amministrazione turca si impegnava a costruire tre linee telegrafiche a partire da Valona: la prima linea, attraversata da Scutari, avrebbe dovuto aderire alle linee austriache a Cattaro; la seconda, attraverso la direzione Monastir-Salonicco, avrebbe raggiunto Costantinopoli; la terza da Costantinopoli avrebbe raggiunto i confini della Russia nella città di Ismail.
L’amministrazione napoletana, dopo aver esplorato e studiato il tratto marittimo, si impegnava a mantenere a proprie spese il cavo sottomarino lungo lo stretto di Otranto e provvedere alla manutenzione della lina sottomarina (rotture o guasti) assumendo due ingegneri che dovevano rimanere permanentemente presso la stazione di telegrafia di Valona. La stazione doveva essere equipaggiata con quattro macchine telegrafiche, dotate del sistema Morse, due dei quali “working in translation” per trasmettere e ricevere costantemente le spedizioni da e per Costantinopoli e da e da linee austriache.

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L’accordo prevedeva la presenza di due stazioni telegrafiche in Valona, un turco e l’altro italiano, ognuna con le proprie macchine Morse, situate nello stesso edificio “à faciliter les opérations combinees du service mixte” (Ministero degli Affari Esteri, 1865: pag. 77) e permanentemente aperti al servizio.

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La ratifica del nuovo accordo prevedeva che l’amministrazione telegrafica italiana cerchi di riparare il cavo che restava fuori servizio dal 1859: a partire dal 1862 e fino al 1863, alcuni tentativi costosi sono stati fatti per questo scopo, ma senza alcun risultato. Nel 1863, in attesa di una nuova posa, un nuovo cavo telegrafico sottomarino fu ordinato dal governo italiano.

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Il contratto fu aggiudicato da una fabbrica londinese, dall’ingegnere telegrafico William Thomas Henley (1813-1882) come documentato dalla piastra in ottone.

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Per la realizzazione del cavo fu stipulato un accordo con il governo italiano per la somma di 375.000 lire italiane. La distanza da coprire da Otranto a Valona fu calcolata in circa 85 km, leggermente superiore a quella del 1859; quindi fu necessario aggiungere un 42% di scarico e utilizzare un cavo molto più lungo, di circa 121 km.

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La posa inizierà dopo l’unità d’Italia il 28 gennaio 1864 con il regno dei Savoia. E. D’Amico descriveva le difficoltà incontrate: il cattivo tempo, l’azione imperfetta di alcune apparecchiature, soprattutto dei freni, che dovevano calibrare la discesa del cavo in mare, avevano come conseguenza che il cavo, una volta nel mare profondo e trascinato dal suo peso, scendesse in fretta nel mare, e i freni non erano in grado di trattenerlo, affinché il cavo a bordo fosse completamente disceso in mare a metà del canale di Otranto (D ‘ Amico, 1886: p. 95). Nell’agosto dello stesso anno, il vaporetto Caroline lo sostituì e completò la posa. Il cavo iniziò a funzionare il 1° settembre 1864. Era un cavo di buona qualità. Per quanto riguarda la struttura tecnica di questo cavo telegrafico, lo si è ricavato grazie al memento conservato nella Biblioteca di Pesaro Oliveriana : un’elegante scatola in mogano, con copertura in cristallo, al cui interno sono conservati diversi pezzi di cavo, per la costa e il mare aperto o profondo. L’analisi dei tre campioni ha rivelato che il conduttore consisteva di sette fili di rame sovrapposti e intrecciati, coperti da un involucro di guttapercha e da alcuni strati di canapa satinata imbevuto di tannino. Sopra questa struttura e per proteggerlo, il cavo è stato avvolto da un’armatura di 12 fili di ferro zincato aventi diametri diversi per l’estremità del puntello o l’estensione del mare aperto.

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L’armatura era a sua volta avvolta in una fasciatura esterna di canapa tarata satura di catrame minerale per preservarla dall’azione corrosiva dell’acqua di mare salata. Questo cavo ha cominciato a mostrare alcuni problemi solo dal 1869, ma nel 1878 le trasmissioni telegrafiche sono state interrotte completamente.

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fonte belsalento.altervista

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