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Nel 1845
Prima locomotiva a vapore costruita a Pietrarsa
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Nel 1845 iniziava la produzione di locomotive a vapore progettate e parzialmente costruite in Inghilterra ma montate in loco. Si trattò di 7 locomotive, che utilizzavano parti componenti costruite in Inghilterra, analoghe ai precedenti modelli acquistati nel 1843 che avevano inaugurato la prima linea ferrata italiana, la Napoli-Portici: erano la Pietrarsa, la Corsi, la Robertson, la Vesuvio, la Maria Teresa, la Etna e la Partenope[2].

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Nel 1853 la forza lavoro di Pietrarsa raggiungeva il numero di circa 700 operai[3]. La struttura ebbe varie visite importanti tra cui quella dello zar di RussiaNicola I, che manifestò l'intenzione di prendere Pietrarsa a modello per il complesso ferroviario di Kronštadt[4]; nel 1849 l'Opificio venne visitato anche dal papa Pio IX.

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Il 18 maggio del 1852 venne prodotta, nel reparto metallurgico, la gigantesca statua dell'altezza di circa 4,5 m di Ferdinardo II mediante una fusione monoblocco in ghisa che rappresenta una tra le più grandi opere del genere prodotta in Italia[5]; è ancora esposta nel Museo nazionale ferroviario[6]. Nel 1856 Pietrarsa fu il primo stabilimento in Italia a produrre rotaie, al tempo chiamate raili dal termine inglese "rail", con la ghisa puddellata di Mongiana. Tuttavia il loro costo risultava elevato a causa dell'alto prezzo del carbone importato dall'Inghilterra mentre risultava conveniente il costo delle locomotive con tender prodotte; Pietrarsa, infatti, era uno dei due soli impianti industriali in Italia in grado di produrre locomotive a vapore.[7]

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L'espansione della fabbrica continuò costantemente fino alla fine del Regno delle Due Sicilie fornendo materiale di ogni genere alle ferrovie del regno. Nel giugno 1860 Pietrarsa giunse ad occupare 1125 persone[8] (850 operai stabili a cui si aggiungevano 200 operai occasionali e 75 artiglieri per il controllo dell'ordine)[9] rimanendo (ma ancora per poco) la maggiore fabbrica metalmeccanica italiana[10].

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Nel 1861 il Ministro della Marina Luigi Federico Menabrea istituiva una Commissione delle ferriere[11] la cui minuziosa indagine analizzava lo stato di tutte le attività industriali attinenti site sul territorio del Regno che venivano infine illustrate nella relazione conclusiva dell'inchiesta triennale pubblicata nel 1864 a cura dell'ingegnere Felice Giordano. Dal rapporto emerge che la fabbrizazione di rotaie tentata nel 1856 nello stabilimento di Pietrarsa aveva costi doppi rispetto a quelli importati dall'Inghilterra o dal Belgio, mentre più competitiva era la produzione delle locomotive, laddove i due più importanti stabilimenti del tempo (Sampierdarena e Pietrarsa) avevano costi più o meno equivalenti o di poco superiori a quelli dell'industria estera[12]. L'analisi minuziosa dei costi e delle attività eseguita dal Giordano quantificava dettagliatamente le retribuzioni dei lavoratori specializzati per categoria e i costi delle materie prime dei semilavorati metallici di importazione dipingendo come sostanzialmente equivalenti quelli di Ansaldo e di Pietrarsa, la cui preminenza era finita assieme al regime borbonico e al suo regime protezionistico. Il maggior costo di produzione dei prodotti siderurgici prodotti nel territorio del Regno scaturiva dalla loro provenienza estera nonché dall'alto costo dell'approvvigionamento dell'indispensabile carbone inglese[13].

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Tra il 1861 e il 1863 l'opificio di Pietrarsa entrò in una fase difficile della sua vita: una relazione dell'ingegnere Grandis, voluta dal governo sabaudo, dipingeva negativamente l'attività e la redditività dell'opificio consigliandone addirittura la vendita o la demolizione[14]. Si imponeva una scelta di razionalizzazione del settore siderurgico e produttivo[15] e tale scelta fu fatta in favore dell'industria settentrionale[16]. Il 10 gennaio 1863 lo stabilimento di Pietrarsa con quanto conteneva veniva concesso in affitto, per 30 anni alla somma di 45.000 lire dell'epoca, dal Ministro delle Finanze del governo Minghetti alla ditta costituita da Iacopo Bozza; ciò portò alla riduzione dei posti di lavoro, a scioperi e gravi disordini repressi nel sangue; il 6 agosto 1863 una carica di bersaglieri provocava 7 morti e 20 feriti gravi[17]. I primi morti furono Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso e Aniello Olivieri[18]

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In seguito ai fatti il Bozza rinunciava e il 20 settembre 1863 il governo concedeva l'Opificio in affitto per 20 anni a una nuova società, denominata Società nazionale di costruzioni meccaniche, costituita dal cavaliere Gregorio Macry, dal Duca Luciano Serra, dal Marchese Cesare Pallavicino, e dai cavalieri Maurizio Baracco e Giuseppe Carabelli; il canone partiva da 45.000 lire e aumentava ogni 5 anni fino a raggiungere la somma di 70.000 lire del tempo[19]. Anche questa volta la concessione prevedeva la facoltà di licenziare il personale ritenuto non occorrente all'articolo 23 della Convenzione approvata con Decreto del 27 settembre[20].

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Dal 1863 a Pietrarsa venne accorpata l'Officina dei Granili produttrice di carpenterie metalliche, vagoni ferroviari e pezzi meccanici[21][22].

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Fonte: wikipedia

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