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Il brigante Gerardo De Felice,
detto "Ingiongiolo".

Gerardo De Felice, meglio conosciuto con l'appellativo di "Ingiongiolo". Gli autori dell'opera, Vincenzo Guglielmucci e Michele Marotta, attingendo a documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Potenza e ad ogni altra fonte disponibile, hanno restituito alla storiografia locale la conoscenza di un protagonista di rilievo di quel periodo turbolento e travagliato. Considerato, a torto, un personaggio minore, l'"Ingiongiolo", pur nei suoi risvolti negativi, appare, invece, un protagonista notevole niente affatto secondario rispetto alle figure più tristemente note di Crocco e Ninco Nanco, i più famigerati capibanda.

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Sul lavoro di ricerca emerge la forte personalità dell'Ingiongiolo, la sua capacità di comando, mista ad abilità, oculatezza e lungimiranza. Gli assassini e le efferatezze di cui si rese protagonista non furono quasi mai occasionali o dettati da improvvisi impulsi d'ira, ma sempre premeditati e strategicamente programmati.

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L'analisi delle fonti esplorate ci consegna il profilo di un personaggio atipico e singolare non solo negli aspetti legati alla sua triste attività; infatti appaiono alquanto oscure le motivazioni che spinsero l'Ingiongiolo ad abbracciare la vita di brigante. Il De Felice non si dà al brigantaggio nella prima fase del fenomeno etichettato come "politico", ma nel luglio del 1863, quando si poteva già ragionevolmente supporsi il declino del fenomeno. D'Altro canto, dalle fonti esaminate non emergono vicende di soprusi subiti o sopraffazioni di ordine morale che avrebbero potuto spingere l'Ingiongiolo a darsi alla macchia, magari a scopodi rivalse e di vendette. Francesco Giannone , storico di Oppido Lucano/Palmira, vissuto in età giovanile nel periodo del brigantaggio, in un suo libro dal titolo "Memore storiche- Statuti e Consuetudini dell'antica Terra di Oppido in Basilicata" definisce Ingiongiolo "guardiano di vigne a tempo perso, ma nel fatto un ladro di professione". Probabilmente è nella fase lapidaria del Giannone la motivazione plausibile che spinse il "guardiano di vigne" ad abbracciare la vita di brigante. Il periodo di forti contrapposizioni sociali forse indusse l'Ingiongiolo a scegliere la vita brigantesca con lo scopo di cercare facili guadagni per sè e per la propria famiglia. L'Ingiongiolo, dopo aver raccolto da Ninco Nanco i resti della banda e dopo la fuga di Crocco verso lo Stato Pontificio, ne raccolse l'eredità diventando capobanda temuto fino a quando, nel 1866, venne ucciso vittima di un'astuta trappola.

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Da autentico brigante visse e da autentico brigante morì.

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Fonte: comuneoppidolucano.gov.it

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