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11811-J_P_Hackert_1737-1807_Il_Porto_di_
Nel 1818
Primo decreto per potenziare e ottimizzare i porti

Non meno saggia e proficua fu la politica di potenziamento tecnico dei porti condotta dai Borbone. Come esempio di previdenza e lungimiranza ricordiamo l'Ordinanza generale del 1° ottobre 1818 con la quale fra i doveri dei Capitani di Porto, si ritiene meritevole quello di curare la migliore conservazione dei rispettivi porti e di rimettere al Sopraintendente Generale "un prospetto dello stato dei porti e delle macchine che vi esistono per i lavori ordinari come pure delle riattivazioni necessarie, onde provocarsi dallo stesso le nostre sovrane determinazioni". E' da mettere qui in rilievo l'interesse per la manutenzione ed il funzionamento degli arredi e dei macchinari portuali, tenendo conto che anche nei porti nei quali verso la fine dell'800, in epoche ampiamente successive all'unità, si cominciarono ad introdurre apparecchi meccanici di sollevamento, quindi idraulici e poi elettrici, se ne vincolò l'impiego con rigorose limitazioni di tariffa, di orario e di tassi di discarica e persino con la corresponsione di diritti proporzionali alle maestranze portuali. La diversa strategia di politica portuale balza con evidenza agli occhi: l'ordinanza ferdinandea contiene in embrione una prodigiosa anticipazione della concezione moderna di competitività portuale, ispirata a filosofie privatistiche in cui l'interesse statale alla conservazione dell'efficienza delle "macchine" dell'azienda-porto , coincide con l'interesse privato della liberistica fruizione della struttura pubblica gratuita e dove il funzionario dello Stato assume veste "manageriale" di responsabile dell'efficienza e della produttività. Altrettanto stupefacente, stavolta per miopia ed insipienza, appare la politica portuale del nuovo Stato unitario, laddove, al contrario, il macchinario portuale è considerato soprattutto in chiave di strumento fiscale, come espediente per ulteriori balzelli e dove il funzionario dello Stato assume il ruolo di burocrate e di esattore, facendo collassare l'iniziativa imprenditoriale ed aprendo comode strade alla concorrenza dei porti esteri. I porti delle Due Sicilie erano distinti in quattro classi e divisi in circondari marittimi. Gli unici porti di prima classe erano Napoli, Messina e Palermo: porti di seconda classe erano Castellammare, Gaeta, Pozzuoli, Siracusa, Augusta e Trapani; porti di terza classe erano Precida, Ponza, Salerno, Crotone, Taranto, Gallipoli, Brindisi, Barletta, Manfredonia, Girgenti; porti di quarta classe erano Maratea, Pizzo, Reggio Calabria, Ótranto, Bari, Tremiti, Pescara, Milazzo, Catania, Cefalù, Marsala, Lipari e Pantelleria. …………

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Fonte: quicampania.it

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