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Due Sicilie 
(in latino Utriusque Siciliae, Du' Sicilî in siciliano, Dòje Sicìlie in napoletano) è una denominazione storico-politica dei territori relativi al Sud peninsulare italiano e della Sicilia.

Politicamente uniti in diverse epoche storiche tra il XII e il XIX secolo e individuabile, tra l'altro, sulla base di marcati aspetti di comunanza storico-culturale. Il termine tuttavia viene introdotto ufficialmente solo nel 1442, da Alfonso il Magnanimo, dopo che ebbe conquistato il Regno di Napoli congiungendolo in unione personale con quello di Sicilia. La storia cui fa riferimento tale denominazione nasce a valle delle guerre del Vespro e la conseguente separazione del preesistente regno di Sicilia con la pace di Caltabellotta, sebbene già dal 1265 fosse attestato l'uso di distinguere un "Regnum Siciliae citra, et ultra Pharum" per distinguere la parte continentale da quella insulare del regno. Queste unione si concluse nel febbraio 1861 con la fine dell'omonimo regno.

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Origine del termine

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Giovanni Antonio Summonte[1], storico vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, all'interno del secondo volume della sua Historia della città e Regno di Napoli (i cui primi due volumi furono pubblicati negli anni 1601-1602 e gli altri due postumi[2]), inserisce un trattato dal titolo Dell'Isola di Sicilia, e de' suoi Re; e perché il Regno di Napoli fu detto Sicilia. In questo scritto l'origine della distinzione tra due «Sicilie» separate dal Faro di Messina viene individuata nella bolla pontificia con cui papa Clemente IV investì Carlo I d'Angiò del Regno di Napoli nel 1265:

«Papa Clemente IV, il quale investì, e coronò Carlo d'Angiò di questi due Regni, chiamò quest'Isola, e il Regno di Napoli con un sol nome, come si può vedere in quella Bolla, ove dice, Carlo d'Angiò Re d'amendue le Sicilie, Citra, e Ultra il Faro: e questo eziandio osservarono gli altri Pontefici, che a quello successero, e si servirono degl'istessi nomi. Imperciocchè 7 altri Re, che al detto Carlo successero [...] che solo del Regno di Napoli, e non di Sicilia padroni furono, chiamarono il Regno di Napoli, Sicilia di quà dal Faro. Il Re Alfonso poi, ritrovandosi Re dell'Isola di Sicilia, per essere egli successo a Ferrante suo padre, e avendo anco con gran fatica, e forza d'armi guadagnato il Regno di Napoli da mano di Renato, si chiamò anch'egli con una sola voce, Re delle Due Sicilie, Citra, e Ultra; E questo per dimostrare di non contravenire all'autorità de' Pontefici. Ad Alfonso poi successero 4 altri Re [...] i quali furono Signori solo del Regno di Napoli, e si intitolarono, come gli altri, Re di Sicilia Citra. Ma Ferdinando il CattolicoGiovanna sua figlia, Carlo V imperadore e Filippo nostro re, e Signore, i quali anno [sic] avuto il dominio d'amendue i Regni, si sono intitolati, e chiamati Re delle due Sicilie Citra, e Ultra: la verità dunque è, che questi nomi vennero da' Pontefici romani, (come s'è detto) i quali cominciarono ad introdurre, che 'l Regno di Napoli si chiamasse Sicilia[3]

La stessa tesi è sostenuta da Pietro Giannone nella sua Istoria civile del Regno di Napoli (1723), in cui si citano vari stralci della bolla pontificia, con la quale Clemente IV concesse l'investitura a Carlo d'Angiò «pro Regno Siciliae, ac Tota Terra, quae est citra Pharum, usque ad confiniam Terrarum, excepta Civitate Beneventana [...]». In un altro passo la bolla proclamava: «Clemens IV infeudavit Regnum Siciliae citra, et ultra Pharum». Secondo Giannone è dunque questa l'origine del titolo rex utriusque Siciliae, che tuttavia Carlo non usò mai nei suoi documenti ufficiali, preferendo gli antichi titoli dei sovrani normanni e svevi[4].

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Premesse storiche

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L'atto di creazione di uno stato unitario detto "Regnum Siciliae", i cui confini andavano dalla Sicilia a tutta l'Italia meridionale, va fatta risalire all'incoronazione del Normanno Ruggero IIconte di Sicilia, nel 1130. Tale incoronazione, riconosciuta dall'antipapa Anacleto II[5], e successivamente (25 luglio 1139) da papa Innocenzo II[5], ebbe come effetto l'ascesa di Palermo a capitale[6]. La creazione di uno stato unico, che secondo Ernesto Pontieri fu "un capolavoro d'arte politica" e secondo Jacob Burckhardt fu "il primo modello dello stato moderno in Europa"[7], consentì alla monarchia normanna di inserirsi quale arbitro in Europa nelle contese del tempo[8] e diede luogo a una solida tradizione unitaria nei secoli successivi[7].

Diversi storici moderni, tra cui Giuseppe GalassoErnesto Pontieri e Vittorio Gleijeses, in contrasto con le tesi sostenute a suo tempo da Benedetto Croce, il quale riteneva che essa avesse interrotto l'evoluzione del territorio, sostengono che la dominazione dei Normanni sia stata molto importante per l'unità dell'Italia meridionale[9]. Galasso, in particolare, individua nel periodo normanno la fissazione dei caratteri politico-sociali che l'area mostrerà nei secoli a venire, quali l'unità territoriale, gli ordinamenti sociali e la ripartizione in classi, il germe degli ordinamenti e delle suddivisioni amministrative, la definizione dei rapporti con la Chiesa, la tradizione burocratica e giuridica e il regime della terra[10]. Glejeses, a sua volta, individua nella dominazione normanna l'origine di "un regno che, tranne una breve parentesi repubblicana, vivrà fino alla venuta del dittatore Garibaldi e quindi per oltre sette secoli"[9].

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Le Sicilie citra e ultra

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L'unitarietà geografica del Regno di Sicilia continuerà per 152 anni fino al 1282, quando in seguito agli eventi dei Vespri Siciliani, essa sarà spezzata in due. Nacque così il "Regnum Siciliae citra", o Regno di Napoli, nella penisola con gli angioini; e il "Regnum Siciliae ultra", o Regno di Sicilia, a sud del Faro di Messina, nell'isola, con gli aragonesi. I termini "citra" (al di qua) e "ultra" (al di là) si riferiscono alla posizione del singolo Regno rispetto al "Farum", cioè il Faro di Messina. Tale denominazione si perpetuerà nei secoli, tanto che anche durante la dominazione dei Borbone delle Due Sicilie (1734-1861) veniva comunemente fatto riferimento nei documenti a "domini al di qua e al di là del Faro".

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Aragonesi

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Il nome deriva dal titolo che assunse Alfonso I di Napoli con l'unione personale delle corone del Regno di Napoli e del Regno di Sicilia. Definendosi rex Utriusque Siciliae (re di entrambe le Sicilie, oppure di ambedue le Sicilie), il re ufficializzò la denominazione in uso presso le corti di Napoli e Palermo secondo cui i territori dell'antico Regno di Sicilia svevo-normanno, che dalla conquista di Carlo I di Napoli erano passati sotto la corona angioina, erano definiti Regno di Sicilia al di qua del faro (Regno di Napoli), o Sicilia citeriore, mentre quelli divenuti possesso aragonese (Regno di Trinacria), Sicilia al di là del faro. Il riferimento geografico in base al quale i domini erano definiti nella cartografia e nel gergo politico citeriori (al di qua) o ulteriori (al di là) era lo Stretto di Messina, e l'omonimo faro.

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Spagnoli

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Alla morte di Alfonso Il Magnanimo, i due regni ebbero due regnanti diversi, nel 1458 infatti il re di Sicilia è Giovanni II d'Aragona detto Il Grande, cui nel 1468 succedette brevemente Ferdinando II d'Aragona, mentre a Napoli regna Ferdinando I di Napoli detto Ferrante, figlio di Alfonso e nipote del precedente. Nel frattempo i sovrani francesi tornarono a rivendicare il diritto d'annessione del Regno di Napoli. Dalla Francia allora tentò inutilmente di occupare Napoli Carlo VIII di Francia, e quindi il suo successore, Luigi XII, che infine riuscì a stipulare un accordo con il papa Alessandro VI e Ferdinando II d'Aragona, per cui il pontefice dichiarava decaduto il titolo di rex Siciliae, e nei territori peninsulari del regno instaurò la corona di rex Neapolis, di cui fu investito Luigi XII di Francia.[11]

Luigi XII quindi, in collaborazione con Ferdinando II d'Aragona ("il cattolico"), tornato Re di Sicilia dal 1479 fino al 1516, occupò il Sud Italia, escluso la Sicilia, e sconfisse l'antica dinastia aragonese, che cinquant'anni prima aveva riunite politicamente (solo formalmente comunque) Napoli e Palermo. Ferdinando II però cacciò poi le truppe francesi dall'Italia meridionale (Battaglia del Garigliano (1503)) unificando nuovamente sotto un unico sovrano tutto il Sud peninsulare e la Sicilia: considerando i nuovi territori acquisiti una sua eredità legittima, unì i titoli regi di Sicilia e di Napoli annessi nella corona d'Aragona, e istituì a Napoli e Palermo due vicereami distinti. La divisione politica fra i due territori italiani era rafforzata dalla peculiarità della corona di Sicilia, alla quale era legato un particolare privilegio (regalia) che prevedeva il diritto del sovrano di influire sulle nomine del clero siciliano e sull'amministrazione dei patrimoni ecclesiastici, in particolare nelle tre arcidiocesi storiche (MonrealePalermo e Catania). Tale stato giuridico era rappresentato dall'istituto ecclesiastico della Apostolica Legazia di Sicilia[12], soggetto canonico e politico più volte contestato dopo la controriforma dalle stesse gerarchie cattoliche, specialmente per opera dello storico Cesare Baronio[13]. Dal 1516 Carlo V d'Asburgo oltre alle corone di Spagna di Sicilia e di Napoli, unì nel 1520 anche quella di Imperatore del Sacro Romano Impero con la Sicilia che fu retta per 200 anni dai Viceré di Sicilia, mentre i domini peninsulari dai Viceré di Napoli.

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Borbone e napoleonidi

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Dopo la guerra di successione spagnola, in forza del trattato di Utrecht (1713) i regni di Napoli e Sicilia furono ceduti dalla Spagna borbonica rispettivamente a Carlo VI d'Asburgo e a Vittorio Amedeo II di Savoia. Dopo un effimero tentativo spagnolo di riannettere la Sicilia, sfociato nella guerra della Quadruplice Alleanza (1718-1720), con il trattato dell'Aia Carlo VI ottenne la Sicilia cedendo ai Savoia la Sardegna, riunendo in questo modo le Due Sicilie all'interno della Monarchia asburgica, pur rimanendo governate ciascuna dal proprio viceré nominato da Vienna.

Nell'ambito della guerra di successione polacca, con una fortunata campagna militare la Spagna conquistò le Due Sicilie, le quali non furono riannesse alla corona iberica, ma cedute da Filippo V al primo figlio avuto dall'italiana Elisabetta Farnese, l'infante don Carlo, che fondò la dinastia dei Borbone di Napoli e progressivamente seppe emanciparsi dall'influenza spagnola. Occupato il Regno di Napoli, il nuovo re adottò inizialmente il titolo di rex Neapolis, ma dopo aver conquistato anche la Sicilia ed essere stato incoronato nella cattedrale di Palermo il 3 luglio 1735, utilizzò in tutti suoi atti la titolatura:

(LA)

«Carolus Dei Gratia Rex utriusque Siciliae, Hyerusalem, &c. Infans Hispaniarum, Dux Parmae, Placentiae, Castri, &c. ac Magnus Princeps Haereditarius Hetruriae, &c.[14]»

(IT)

«Carlo per la Grazia di Dio Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, etc. Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza, Castro, etc. Gran Principe Ereditario di Toscana, etc.[15]»

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Lentamente a corte si imposero ufficiosamente le denominazioni di Sicilia citeriore per il territorio continentale e di Sicilia ulteriore per il territorio insulare.

Il titolo di re delle Due Sicilie fu assunto ufficialmente anche da Gioacchino Murat, secondo le disposizioni di Giuseppe Bonaparte (già roy de Naples) e Napoleone, che concessero la prima costituzione, il cosiddetto statuto di Baiona[16][17], sebbene i francesi non ebbero mai il possesso della Sicilia, il cui re rimase Ferdinando III di Sicilia.

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Il regno delle Due Sicilie

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Dopo il congresso di Vienna, il 9 giugno 1815 Ferdinando IV di Napoli (III in Sicilia) tornato a Napoli da Palermo, revocò la costituzione siciliana del 1812, e l'8 dicembre del 1816 unificò formalmente i due regni proclamandosi Re del Regno delle Due Sicilie (Regni utriusque Siciliae Rex) come  Ferdinando I delle Due Sicilie[18].

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Linguistica

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Il territorio delle Due Sicilie è individuato piuttosto esattamente dall'estensione geografica dei Dialetti meridionali, cui appartengono in particolare le lingue napoletana e siciliana. Fatta eccezione, infatti, per alcune minoranze estremamente localizzate, quali ad esempio quelle greche, quelle albanesi e quelle franche, il napoletano e il siciliano sono le uniche lingue parlate oltre all'italiano nel territorio in questione.

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Fonte: wikipedia

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