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Nel 1802
prima istituzione di
“uffici per la vaccinazione”.

Per prevenire il diffondersi del vaiolo nel 1800 viene introdotta per la prima volta a Napoli la vaccinazione e nel 1802 il re Ferdinando IV la rende obbligatoria in tutto il regno. Il decreto del 7 maggio 1807 istituisce un Comitato centrale dì vaccinazione con sede a Napoli, composto da dieci soci ordinari, due aggiunti, dodici vaccinatori e da un segretario perpetuo. A livello periferico contemporaneamente sono istituite le commissioni di vaccinazione provinciali e distrettuali. Il compito di organizzare e diffondere la pratica vaccinica nelle province è affidata ai vari intendenti, che ne devono poi relazionare al Ministro dell'Interno.

II comitato centrale a sua volta è tenuto a fare periodicamente un quadro generale contenente tutte le note relative ai progressi della vaccinazione con le liste di morti a causa del vajuolo naturale e quelle di tutti gli " inoculati con felice riuscita ".

In un libretto, inviato nel 1819 dalla Commissione centrale di vaccinazione alle commissioni provinciali e distrettuali del regno, si rammentano vari adempimenti da osservare, tra cui: " La vaccinazione dei proietti è obbligatoria. Sebbene il disegno della pratica vaccinica sia quello di prevenire il flagello del vajuolo umano, pure quando non si sia prevenuto, è sempre utile essere aggiornati dello sviluppo di tale morbo nel recinto dei vari comuni. E' indispensabile quindi che i medici, i parrochi, gli amministratori comunali, diano avviso alla commissione del distretto dell'epidemie vajuolose, sviluppate nel loro recinto" (ASS. Int. b.1717, f.lo 24). Mensilmente ogni commissione distrettuale è tenuta a fare un rapporto sul suo operato alla commissione provinciale, in cui " debbono essere indicati uno per uno i nomi degli individui che ciascuna commissione avrà vaccinato in quei mese". 

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Con il ritorno dei Borbone le disposizioni emanate nel periodo francese vengono conservate, anzi con il decreto 6 novembre 1821 ne sono aggiunte altre anche molto severe per obbligare la vaccinazione ed estenderne l'uso alla maggior parte della popolazione, specie infantile. Non va dimenticato che la severità nell'imposizione dell'uso della vaccinazione è determinato da un atteggiamento di ostilità verso tale pratica, da parte della popolazione, specie delle fasce dove maggiormente regna la povertà e l'ignoranza. I genitori spesso rifiutano di sottoporre ì loro figli alla vaccinazione o quanto meno sono indecisi e titubanti, preoccupati che possano aver conseguenze più negative della stessa malattia. L' intendente è quindi costretto a richiedere la collaborazione del parroco, affinchè " dall'altare faccia sentire alla popolazione l'utilità di un simile stabilimento " ( ASS. Int. b. 1679, f.lo 23). Compito dei parroci è dunque quello di estirpare dalla mente della gente quei pregiudizi che ostacolano il diffondersi di tale benefica pratica.

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Col regolamento del 10 settembre 1821 la Commissione centrale prende il nome di Istituto centrale vaccinico napoletano e sono confermate le commissioni provinciali e distrettuali.

Ancora ulteriormente si cerca di diffondere la pratica della vaccinazione e a tal fine, oltre a creare dei soci onorari ed aggiunti, si stabilisce che i parroci tengano un registro aggiornato dei ragazzi vaccinati e che in ogni comune venga istituita una giunta vaccinica sotto la vigilanza diretta del Sindaco.

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La normativa viene ripresa ed ampliata ulteriormente dal regolamento emanato il 27 gennaio 1831 ed infine da quello approvato con decreto dell' 11 settembre 1838 che stabilisce le norme definitive in materia di vaccinazione ed è comprensivo di tutti i provvedimenti emanati in precedenza.

L' Istituto vaccinico ha il compito di promuovere la pratica dell'inoculazione vaccinica e di garantirla anche da tutte le calunnie e dagli ostacoli che inevitabilmente ne limitano i progressi. Viene ulteriormente ribadito il legame e la cooperazione tra la chiesa e lo stato ribadendo che è compito dei vescovi e dei parroci istruire il popolo "predicando l'utilità della vaccinazione, e facendo conoscere il dovere strettamente imposto da Dio e dal Re a ciascun padre di famiglia di preservare da' mali la vita de' suoi figliuoli "( art. 45 ).

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Ed ancora l'articolo 85 prevede che i parroci dovranno far parte delle Giunte comunali vacciniche e " dovranno inculcare l'uso del vajuolo vaccinico, e far rilevare nelle istruzioni catechistiche ed omelie qual grave colpa commettasi da' genitori che lasciano esposta la vita de' loro figli al pericolo del vajuolo umano". Accanto ai parroci anche le levatrici, individuate come " organo immediato della persuasione popolare, soprattutto sul conto de' bambini" ( comma 6°, art. 45 ) sono tenute a promuovere il più possibile la vaccinazione e quando si mostrano "oscitanti "o " molto più quando osino calunniare" tale pratica sono in un primo momento ammonite e se persistono nel loro atteggiamento sono addirittura sospese dall'esercizio dell'arte.

In ogni comune la vaccinazione viene obbligatoriamente eseguita dal medico o dal chirurgo condottato che sono tenuti a " calcolare il numero de' fanciulli da vaccinarsi, e ripartirli in modo da farne una porzione la settimana, onde mantenere il pus vegeto in tutto il corso dell'anno" ( art. 88 ) ed inoltre " debbono attentamente esaminare l'andamento della vaccinia, il modo di sviluppamento, d'incremento, di stato, e di essicazione; notare quelli che soffrissero la vaccinia spuria o degenerata per rimuoverla; e finalmente fare tutte quelle osservazioni che possono vantaggiare la scienza, per indi farle pervenire all’ Istituto per mezzo delle rispettive Commessioni " (art. 92 ).

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Ma dalla corrispondenza tra il Ministro dell'Interno e l'Intendente di Principato Citra spesso emerge un atteggiamento di negligenza dei professori condottati. Da alcuni rapporti a lui inviati da vari comuni della provincia di Salerno, il Ministro degli Affari interni rileva che " in occasione di malattie, in qualche comune i medici e cerusici hanno lasciato ignorare all'amministrazione Provinciale Io sviluppo di malattie contagiose, e quello che è ancora più triste cosa, di avere con molta negligenza prestati i loro soccorsi alla classe povera, che ne ha più bisogno " ( ASS. Int. b. 1721; f.lo 15 ). Per porre rimedio a tale stato di cose nel 1831 tutti i comuni sono tenuti ad effettuare un censimento e ad inviare alla Segreteria di Stato degli Affari Interni un modello contenente nomi e notizie informative sui medici e cerusici condottati che praticano la vaccinazione.

II sindaco del comune è a livello periferico l'autorità competente ad effettuare i controlli e ad attivare l'operazione di innesto vaccinico e sua cura è anche quella di richiedere il pus. Il sindaco di Montecorvino, in una lettera all' Intendente, chiede la spedizione di un " tubetto o lastrina di pus, o pure autorizzare la spesa per rimettere a codesto Capoluogo due projetti onde farli inoculare e ritornare, dopo assicurata l'inoculazione, che sarà poi diffusa nei fanciulli tutti del Comune " ( ASS. Int. b. 1714, f. Io 43 ). Questo ed altri casi testimoniano come in genere gli amministratori si servano dei projetti, che vengono sottoposti obbligatoriamente alla vaccinazione in modo da poter usare poi il pus che si forma in seguito all' innesto, per l' inoculazione degli altri fanciulli. Il vaiolo è tra i morbi contagiosi quello che maggiormente si cerca di combattere con la vaccinazione. L' Intendente Giovanni Consiglio nelle sue disposizioni inviate ai sottointendenti ed ai sindaci il 30 aprile 1849, rileva che " le circostanze sono gravi per Io sviluppo del vaiuolo Arabo, che si annunzia in vari punti della Provincia con indole maligna " ( ASS. Int. b. 1720, f.lo 15 ). Poichè in alcuni comuni nell'anno precedente la vaccinazione o non è stata praticata del tutto o è stata eseguita scarsamente, l'intendente chiede che gli si faccia pervenire con separati rapporti " un censimento contenente lo stato delle vaccinazioni nel proprio Comune, il numero de' bambini che approssimativamente debbono essere vaccinati, gli ostacoli che si oppongono alla vaccinazione ed i mezzi che si credono opportuni a vincerli ".

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Già nell'agosto del 1848 lo stesso Intendente preoccupato del rallentamento del servizio vaccinico nelle provincie, dovute probabilmente anche ai fermenti politici, inviava disposizioni ai sindaci per prevenire il diffondersi dell' epidemia vaiolosa. I Sindaci nella loro qualità di Presidenti delle Giunte Comunali Vacciniche devono fare un rapporto periodico al Presidente dell' Istituto Centrale Vaccinico, designando "i bambini che approssimativamente debbono essere vaccinati, gli ostacoli che si oppongono ad eseguire le vaccinazioni ed i mezzi che si credono opportuni a vincerli ". Viene altresì " richiamato in pieno rigore l'art. 103 del regolamento vaccinico, in virtù del quale il Sindaco non rilascia certificato per pagamento di soldo al medico condottato, ove questi non presenti il notamento delle vaccinazioni eseguite e non giustifichi di aver messi in opera tutti i mezzi che sono in suo potere per esaurire la massa vaccinabile " ( ASS. Int. b. 1720, fio 12).

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Non solo i medici che trascurano le vaccinazioni sono penalizzati, ma nelle disposizioni generali del 1838 si legge che anche tutti coloro che trascurano di far sottoporre i loro figli o la loro famiglia alla vaccinazione " non potranno godere di alcun tratto della Sovrana munificenza, sotto qualunque titolo. Le loro petizioni non avranno corso nei reali Ministeri, nè saranno accolte in qualsivoglia amministrazione di beneficenza, se non siano accompagnate dal documento, che il petizionario è stato vaccinato, o che convive in famiglia i cui individui o sono stati vaccinati, o hanno sofferto il vajuolo naturale prima del presente decreto".

In Archivio sono conservate 11 buste della vaccinazione nel fondo Intendenza. Tale documentazione è stata inventariata secondo una divisione cronologica, per comuni. Le ultime 3 buste contengono documenti relativi ad affari generali e carteggi vari sugli esercenti e sulle vaccinazioni eseguite nella Provincia.

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Si ringrazia la sig.ra Rosaria Punzi per la preziosa collaborazione fornita nella realizzazione del presente inventario.

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Fonte : archiviodistatosalerno.beniculturali.it

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