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Nel 1856
Primo sismografo elettromagnetico di Luigi Palmieri

Nel 1856, in particolare, un primato prestigioso spetta a Luigi Palmieri, inventore del primo sismografo elettromagnetico al mondo.

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Dopo aver visto nascere il primo osservatorio meteorologico al mondo, dopo aver realizzato il primo telegrafo elettrico al mondo, dopo aver sperimentato la prima luce elettrica a Capodimonte, Napoli si poté quindi fregiare dell’invenzione ennesima: il sismografo elettromagnetico, il primo passo verso la comprensione e la prevenzione dei fenomeni incontrollabili legati alle eruzioni vulcaniche.

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E questo non poteva essere argomento di secondaria importanza per una città che vive con una gigantesca spada di Damocle già piantata sul collo: è il Vesuvio. Questo tremendo e meraviglioso vulcano ha cominciato a far sentire la propria voce 183.00 anni fa, quando esplose per la prima volta sotto la spinta di gas che non riuscivano a trovare una via d’uscita “pacifica”.

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Eruzioni celebri seguirono 16.000 anni fa, 8.000, 4.000, e poi la celebre del 79 d.C., che distrusse Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis. Un’altra esplosione drammatica avvenne nel 1631, quando la violenza della prima eruzione fece saltare un tappo roccioso di 450 metri d’altezza, tale per cui il Vesuvio alla fine risultò più basso di mezzo chilometro. Diecimila morti fu la tragica conseguenza.

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Proprio a partire da quest’ultima esperienza drammatica, si cominciò a sentire l’esigenza di studiare più a fondo il Vesuvio, per provare a prevenirne le improvvise attività dopo lunghissime quiescenze durate anche secoli. Questa istanza di carattere pratico e scientifico, unitamente all’intento borbonico di primeggiare in campo scientifico, favorirono la nascita dell’Osservatorio Meteorologico Vesuviano.

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Vedeva la luce nel 1841, a due soli chilometri dal Vesuvio. Veniva inaugurato nel 1845, con un annuncio in pompa magna, nel classico stile di Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie, nel pieno del settimo Congresso degli Scienziati Italiani, organizzato in quell’occasione proprio nella città di Napoli.

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Nel 1847 l’Osservatorio Vesuviano è perfettamente operativo, e compie azione di monitoraggio in ordine ai fenomeni eruttivi del Vesuvio, ma anche a fenomeni meteorologici generici, e legati al campo dell’elettromagnetismo terrestre, un settore della scienza che negli ultimi anni destava notevolissimo interesse in ambito internazionale.

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Il primo direttore dell’Osservatorio fu Macedonio Melloni (famoso per gli studi sugli infrarossi). Gli succedettero personalità di rilievo nel mondo della scienza. Uno fu Luigi Palmieri, di cui diremo abbondantemente a breve. Un altro nome illustre fu quel Mercalli la cui scala viene ancora oggi utilizzata per stabilire l’intensità dei terremoti.

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La direzione di Luigi Palmieri si distinse dalle altre perché, due soli anni dopo il conferimento dell’incarico, Palmieri sfornò un’invenzione che era primizia assoluta nel campo della vulcanologia. Convinto assertore della tesi secondo cui i terremoti ed le eruzioni sono fenomeni connessi, pensò bene che misurando e monitorando gli uni, avrebbe potuto prevedere gli altri.

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Per misurare un terremoto, però, occorreva affidarsi a strumenti più affidabili della sensorialità umana, limitatissima anche rispetto, ad esempio, a quella animale. Occorreva quindi poter registrare quelle piccole scosse (dette strumentali) che agli esseri umani risultano impercettibili, ma che possono rivelare con un certo anticipo fenomeni ben più evidenti.

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Il tempismo e l’accuratezza dei dati raccolti in ordine a profondità ed epicentro dei fenomeni sismici, la precisione garantita da uno strumento che utilizzava l’elettricità per la redazione di numeri, cifre, e grafici, consentivano anche di poter meglio organizzare eventuali soccorsi. Un tema, questo, caro a Luigi Palmieri.

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Lo dimostra il fatto che nel 1857, dopo aver messo a punto il primo sismografo elettromagnetico, ne creò una versione portatile, in maniera che potesse essere utilizzato anche nelle contingenze territoriali più disparate. Il sismografo portatile fu utilizzato in occasione del sisma che nello stesso anno provocò 12.000 vittime nel Vallo di Diano, per gestire la scia sismica seguente.

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Altra prova dello spirito umanitario con il quale Luigi Palmieri sosteneva i propri studi, le proprie ricerche, le invenzioni: nel 1872 una colata lavica invase la collina del Salvatore, dove si trovava l’Osservatorio Vulcanologico. Palmieri scelse di non fuggire, e di rischiare la vita pur di fornire a Napoli i dati utili per reagire nel migliore dei modi all’eruzione in corso.

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Dell’originale sismografo elettromagnetico sopravvivono due esemplari. Uno si trova nel museo di Paleontologia dell’Università di Napoli, l’altro nel museo dell’Osservatorio Vesuviano. Lo strumento si componeva di due corpi principali: uno costituiva la struttura costruita intorno ai sensori, l’altro era destinato alla raccolta e alla registrazione dei dati.

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Il sensore rilevava i movimenti verticali con molle e quelli orizzontali con pendoli o mercurio. La registrazione dei dati avveniva all’apertura e alla chiusura dei circuiti sistemati alle estremità di molle e pendoli o mercurio. Elettromagneti facevano inoltre scattare l’orologio che segnava l’inizio dei fenomeni e faceva scorrere il foglio su cui venivano appuntati i dati, con penna rossa (movimenti verticali) e blu (movimenti orizzontali).

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Fonte: vocedinapoli.it

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