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ERAVAMO RICCHI

  • Antonio Ciano (Gaeta)
  • 11 ott 2019
  • Tempo di lettura: 1 min

Nel 1860 il Nord era alla bancarotta totale mentre nel Regno delle Due Sicilie tutti o quasi lavoravano e producevano ricchezza. Quando Garibaldi giunse a Napoli trovò una montagna di danaro: banche stracolme d’oro, d’argento e soldi contanti, conventi ricchissimi. Milioni di ducati alla mercè del pirata dei due mondi. Ebbene, nel 1860, il fulcro, il volano dell’economia italiana risiedeva nel tanto vituperato Sud dei Borbone, nel Regno delle Due Sicilie.

Tre colossi, tutti statali, erano la punta di diamante del nascente assetto industriale napolitano: il Reale Opificio di Pietrarsa, il Real Stabilimento di Mongiana in Calabria e i Cantieri Navali di Castellammare di Stabia. L’ Opificio di Pietrarsa fu voluto nel 1840 da Ferdinando II, tra San Giovanni a Teduccio e Portici, per sottrarsi allo strapotere industriale britannico. Angelo Mangone così ci descrive la più grande fabbrica italiana del tempo:”…lo stabilimento di Pietrarsa si ampliò rapidamente potenziando le officine meccaniche, cui si aggiunse nel 1853-54 una grande ferriera intitolata all’Ischitella. TRATTO DAL LIBRO " LE STRAGI E GLI ECCIDI DEI SAVOIA" di ANTONIO CIANO,edito da Luigi Paserino editore

 
 
 
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